Il lockdown non ha compromesso il benessere mentale. Anzi in molti casi è stato positivo
Chi l'ha detto che il lockdown da pandemia ha avuto solo effetti negativi, addirittura devastanti in certi casi, sulla salute mentale delle persone? Non è così. Non sempre, almeno; e, anzi, in taluni casi ha avuto effetti benefici sulla psiche.
A sostenerlo è Giovanni de Girolamo, direttore dell’Unità operativa di Psichiatria epidemiologica e valutativa al Fatebenefratelli di Brescia, in occasione del Festival della Scienza medica di Bologna.
«Sono state molte le ricerche condotte in questi mesi, anche in Italia – ricorda de Girolamo – ma la loro stessa modalità di somministrazione on line e l’assenza di serie strategie di campionamento o protocolli di studio ne ha falsato gli esiti, mostrando percentuali altissime di persone, circa il 40%, che denunciavano malessere emotivo o veri e propri disturbi mentali». Risultati falsati, dice lo specialista, dal fatto che a rispondere «sono state prevalentemente persone con situazioni di malessere già forte, più predisposte a partecipare alla ricerca, in condizioni di forte stress, come gli infermieri e le infermiere, o di disagio economico che li rendeva più esposti psicologicamente. Un campione dunque non generalizzabile: al di là del fatto che non possiamo pensare di fare diagnosi di disturbi mentali online, non ci è dato sapere se il malessere denunciato non fosse condizione preesistente».
Diverso invece, per l'esperto, lo studio Lora, condotto in Germania per otto settimane durante il picco pandemico su un campione di 523 persone già analizzato nei tre anni precedenti: «in questo caso l’84% degli intervistati non ha riferito nessun malessere – spiega de Girolamo - anzi un miglioramento dello stato psicologico nei mesi del lockdown; l’8% ha denunciato un iniziale disagio poi rientrato; solo il restante 8% si è mostrato vulnerabile di fronte alle mutate condizioni di vita».
D'altra parte, ricorda de Girolamo, altri studi condotti in passato mostrano che non necessariamente le popolazioni sottoposte a gravi eventi traumatici (uragani, guerre, attacchi terroristici come quello alle Torri gemelle) soffrono di malessere psicologico, con la sola ovvia eccezione dei disturbi post traumatici da stress che riguardano chi è stato più esposto, per aver sperimentato lesioni fisiche o la morte dei propri cari. «A far male non è la quantità di stress a cui si è esposti – precisa - bensì il modo in cui esso viene processato mentalmente. Anzi, le situazioni stressanti possono rinforzarci psicologicamente, la cosiddetta “stress-related growth”, e il confronto con una condizione collettiva di stress può rafforzare un sentimento di appartenenza e destino comune e riorientare i nostri rapporti, a partire da nuove priorità e atteggiamenti più positivi».
La resilienza, insomma, è una reazione più frequente di quanto si possa pensare: «Uno studio condotto in sei Dipartimenti della Lombardia ci ha mostrato una diminuzione dei ricoveri psichiatrici nei mesi del lockdown, numeri che possono sì essere legati alla paura dei contagi in ospedale, ma anche alla diminuzione dei fattori di stress quotidiano che scatenano il malessere». Un malessere che de Girolamo lega alla cosiddetta “infodemia”, cioè l’eccesso di informazioni a cui in questi mesi siamo stati sottoposti.
Pertanto la sfida per le Autorità è, secondo de Girolamo, «battersi per un’informazione sobria, accurata e verificabile: lì si devono orientare gli sforzi per evitare che l’informazione, invece di produrre effetti benefici, ad esempio promuovendo l’adozione di comportamenti di cautela, diventi fonte di panico».