Covid: con la nuova ondata in Cina non sono emerse nuove varianti

L’analisi

Covid: con la nuova ondata in Cina non sono emerse nuove varianti

Dall’analisi del genoma di campioni prelevati a Pechino dopo l’abbandono della strategia “zero-Covid” emerge che la nuova ondata è stata alimentata da varianti che già esistevano. Non ne sono emerse di nuove. Lo studio su Lancet

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Immagine: National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons
di redazione

Quel che si era temuto non è accaduto. La nuova ondata pandemica in Cina dovuta all’abbandono delle rigide restrizioni imposte dalla politica “zero-Covid” (durissimi lockdown periodici, test di massa, limitazioni nelle circolazione della popolazione ecc..) non ha dato origine a nuove varianti di Sars-Cov-2.

Lo dimostrano gli autori di uno studio pubblicato su Lancet che hanno condotto un’analisi genomica su 413 nuovi casi di infezione avvenuti a Pechino alla fine del 2022, ritenuti però rappresentativi dell’andamento della pandemia in tutto il resto della Cina. Dai risultati delle analisi risulta che la prevedibile esplosione dei contagi, successiva alla fine delle restrizioni decisa lo scorso 7 dicembre, è stata alimentata prevalentemente da due sotto-varianti di Omicron che esistevano già prima dell’allentamento delle misure di controllo sulla popolazione. Si tratta di BA.5.2 e BF.7, responsabili di oltre il 90 per cento delle infezioni avvenute tra il 14 novembre e il 20 dicembre del 2022. 

I ricercatori stanno monitorando l’evoluzione del virus in Cina dal dicembre del 2019 attraverso la raccolta metodica di campioni da analizzare estratti da persone residenti a Pechino o giunte nella capitale da altri luoghi. La fotografia della nuova ondata è stata fornita dal sequenziamento di 413 campioni raccolti tra il 14 novembre e il dicembre del 2022, ossia nel periodo in cui casi di Covid aumentavano sempre più di giorno in giorno. Tra questi c’erano 350 casi di infezione locale e 63 di importazione. 

Le nuove sequenze appartenevano tutte a ceppi di Covid-19 esistenti e noti. Il ceppo dominante a Pechino dopo il 14 novembre 2022 era BF.7, che rappresentava il 75,7 per cento delle infezioni locali. Un'altra sottovariante di Omicron, BA5.2, era responsabile del 16,3 per cento dei casi locali.

La diffusione di entrambe queste sotto varianti a Pechino è  aumentata notevolmente dopo il 14 novembre 2022.  BF.7 è aumentata gradualmente già a partire dal 14 novembre, mentre BA.5.2 ha cominciato a prendere piede dal 30 novembre 2022.

«Dato l'impatto che le varianti hanno avuto sul corso della pandemia, era importante indagare se ne fossero emerse di nuove in seguito alle recenti modifiche della politica cinesi di prevenzione e controllo di Covid-19. La nostra analisi suggerisce che due sotto-varianti note di Omicron, piuttosto che qualsiasi altra nuova variante, sono state le principali responsabili dell'attuale impennata di casi a Pechino e probabilmente nel resto della Cina. Tuttavia, con la continua circolazione su larga scala di Covid-19 in Cina, è importante continuare a monitorare attentamente la situazione in modo che eventuali nuove varianti che potrebbero emergere vengano individuate il prima possibile», afferma George Gao, dell’Istituto di Microbiologia della Chinese Academy of Sciences, autore principale dello studio. 

Sebbene siano stati analizzati solo i campioni di Pechino nel 2022, piuttosto che della Cina continentale, gli autori considerano questi dati rappresentativi del Paese nel suo insieme.

Su questo punto però, Wolfgang Preiser e Tongai Maponga dell'Università di Stellenbosch, in Sudafrica, autori di un editoriale di accompagnamento hanno qualche perplessità.  «Il profilo epidemiologico molecolare di Sars-CoV-2 in una regione di un Paese vasto e densamente popolato non può essere allargato  all'intero Paese. In altre regioni della Cina potrebbero esserci altre dinamiche evolutive», commentano i due scienziati.