I medici di famiglia: siamo pronti alla nuova ondata di Covid
I medici di famiglia si stanno preparando alle nuove ondate di Covid, che avranno un minore impatto clinico ma non inferiore rilievo epidemiologico. Al ruolo dei medici di medicina generale in questo contesto è dedicato il webinar “COVID 19: uno sguardo indietro ed uno avanti. Nuovi modelli organizzativi per la gestione dei pazienti COVID 19”, prima tappa del progetto “We stand with public health: a call to action for infectious disease. The actual and the future vision”, organizzato da Regia Congressi con il patrocinio della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG) e della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali (SIMIT), con il contributo non condizionante di Gilead Sciences.
«Il medico di medicina generale in questa fase deve identificare i pazienti a cui somministrare il booster bivalente, con particolare attenzione all’opzione della co-somministrazione dei vaccini contro Covid e influenza; deve poi prescrivere gli antivirali in tempi brevi ai pazienti che ne hanno necessità; gestire il Long Covid, che colpisce più del 30 per cento dei pazienti», sottolinea Alessandro Rossi, responsabile SIMG Malattie Infettive.
Ma il medico di medicina generale può acquisire un ruolo determinante nella gestione di tutte le malattie infettive. È quanto emerso con il Covid-19, ma questa funzione riguarda anche HIV, epatite C ed epatite delta, patologie per cui oggi esistono trattamenti innovativi verso cui proprio il medico di famiglia può indirizzare il paziente. La SIMG sta fronteggiando queste nuove esigenze con diverse iniziative tra cui questo progetto di formazione. «La medicina di famiglia non potrà più essere la stessa di prima della pandemia, la quale ha segnato un punto di non ritorno. Prima ci occupavamo essenzialmente della cronicità, seguendo pazienti anziani e con comorbidità; oggi dobbiamo pensare a uno scenario di programmazione del lavoro che non sia occasionale ma sistematizzato. Tutto questo non lo possiamo fare da soli: servono una sensibilizzazione dei pazienti, una rete con gli specialisti, il supporto delle istituzioni. In questo percorso dovremo anche disegnare un nuovo modello di formazione, basato su una maggiore consapevolezza, strumenti concreti, capacità di intervento per una diagnosi precoce e un’immediata applicazione della terapia del caso», sottolinea Claudio, presidente della Società Italiana di Medicina Generale