Cuore, angioplastiche ancora “sotto” dell’8%: Recupero post-Covid troppo lento, molti pazienti a rischio
Gli effetti della pandemia si fanno ancora sentire nel settore delle cure angioplastiche. Covid-19 ha rallentato l’attività dei 271 laboratori di emodinamica italiani, facendo registrare cali fino al 20 per cento nel numero di procedure di cardiologia interventistica erogate. Tuttora i livelli di accesso alle terapie di cardiologia interventistica sono inadeguati rispetto ai bisogni dei pazienti italiani: appena l’1,5 per cento, per esempio, viene trattato per l’insufficienza della valvola cardiaca mitrale e si interviene solo nel 14 per cento dei casi di stenosi aortica, nonostante l’incremento degli interventi, inoltre, si registra ancora un calo dell’8 per cento nelle angioplastiche rispetto agli anni pre-Covid.
Lo segnalano gli esperti della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (GISE) durante il Forum Risk Management in Sanità, che si chiude oggi ad Arezzo, sottolineando la necessità di intervenire con un Piano Nazionale Cardiovascolare che garantisca adeguati standard di cura su tutto il territorio. «La pandemia ha comportato consistenti ritardi di cura anche nel campo della cardiologia interventistica: dopo il grande calo del 2020 causato dal Covid nel 2021 abbiamo assistito a una ripresa consistente degli interventi, con una crescita dal 7 al 36% nelle diverse procedure, con l’eccezione delle angioplastiche, dove c’è ancora una riduzione dell’8% rispetto al pre-pandemia. Anche con i numeri attuali, tuttavia, non riusciamo a rispondere al bisogno clinico dei pazienti», spiega Giovanni Esposito, presidente GISE e direttore del dipartimento di Cardiologia all’Università Federico II di Napoli.
Tra i pazienti con insufficienza della valvola mitrale candidati al trattamento, solo l’1,5 per cento è sottoposto all’intervento di riparazione valvolare transcatetere, nonostante si tratti di una patologia 4 volte più frequente della stenosi aortica, con una mortalità a un anno che arriva al 57 per cento, e la procedura garantisca un miglioramento consistente della qualità di vita e della funzionalità cardiaca, con una riduzione significativa dei successivi ricoveri.
«Abbiamo istituito tavoli di lavoro su 5 aspetti di rilevanza fondamentale, ovvero la sostituzione transcatetere della valvola aortica, la riparazione transcatetere della mitrale e della tricuspide, il trattamento delle patologie cardioemboliche e l’ottimizzazione della rivascolarizzazione coronarica: l’obiettivo è analizzare i fabbisogni epidemiologici, identificare i percorsi di cura, misurare gli esiti e anche programmare le risorse da dedicare alle tecnologie, che sono un investimento in salute e non un costo, perché aumentano la capacità del sistema e possono essere d’aiuto specialmente in un momento come quello attuale, in cui le risorse di personale e strutture scarseggiano dovendo far fronte al maggior carico assistenziale seguito alla pandemia, con le mancate diagnosi e l’allungamento delle liste d’attesa. Le performance del sistema possono essere migliorate adottando l’innovazione, come insegna per esempio il caso dell’impiego della TAVI che ha dimostrato un miglioramento evidente sulla sopravvivenza e qualità di vita dei pazienti con stenosi aortica», conclude Esposito.