Screening neonatale esteso per le malattie da accumulo lisosomiale

L'appello

Screening neonatale esteso per le malattie da accumulo lisosomiale

di redazione

La legge c'è, è la legge di Bilancio 2019 e stabilisce l’inserimento di dieci malattie metaboliche, tra cui le malattie da accumulo lisosomiale, nella lista nazionale dello screening neonatale. Ma fino a oggi la legge non è ancora stata applicata.

Eppure, le condizioni ci sono tutte. Nell’ambito di “Raro chi trova”, iniziativa promossa da Takeda, un Report di AstraRicerche ha raccolto dati, esperienze e testimonianze di clinici, società scientifiche e Associazioni dei pazienti sul valore e l’utilità dello screening neonatale esteso (Sne) per le malattie da accumulo lisosomiale, analizzando i risultati dei progetti pilota portati avanti in Toscana e Veneto, che sono diventati paradigma di best practice in questa area. L'argomento è stato al centro di un convegno che si è tenuto a Roma mercoledì 29 marzo.

La frequenza di casi positivi riscontrata sugli oltre 400 mila test effettuati nei progetti pilota delle due Regioni è un forte elemento razionale per la sua estensione; accanto all’elevata frequenza della sintomatologia non neonatale. Altro dato significativo: la sostenibilità economica. Lo screening neonatale esteso ha un relativo basso costo, qualche decina di euro a neonato e l’inserimento delle patologie da accumulo lisosomiale non cambierebbe le cose. Emerge dal Report l’esigenza di rivedere il modello di screening, nonostante il sistema italiano sia un esempio virtuoso: pochi Centri, ma molto selezionati, ad alta tecnologia e con personale super specializzato. Ma resta la necessità di inserire questo modello di best practice in un percorso che deve servire a migliorare la storia naturale della malattia, con una presa in carico della coppia a partire dalla gravidanza.

Lo screening neonatale è effettuato solo per le malattie che rispondono a precise caratteristiche, come osserva Giancarlo La Marca, direttore del Laboratorio screening neonatale allargato del Meyer di Firenze: «Il test va effettuato entro le 72 ore dalla nascita, l’infermiere raccoglie il tampone che consiste in una goccia di sangue, l’analisi viene fatta da personale tecnico con specifica preparazione e il risultato è disponibile dopo 48-72 ore».Le malattie lisosomiali, aggiunge, «sono l’emblema dei punti interrogativi sullo screening neonatale: non c’è alcun dubbio che lo screening sia utile, anzi, necessario; ma alcune mutazioni hanno manifestazioni molto tardive, e l’interrogativo è se si debba comunicare ai genitori che il loro bambino avrà la manifestazione della malattia, che potrebbe presentarsi anche dopo 40 o 50 anni di vita. Diverso è il caso delle forme a esordio precoce, delle forme gravi fin dall’infanzia per le quali lo screening neonatale dà notevole vantaggio».

Nelle malattie da accumulo lisosomiale «non parliamo più solo di screening – sottolinea Alberto Burlina, direttore dell'Unità di Malattie metaboliche ereditarie dell'Azienda ospedaliera universitaria di Padova – ma di programma di screening, in quanto non si tratta di fare solo un’analisi ma anche prendere in carico il paziente per cambiare l’outcome della malattia in modo definitivo». Per Burlina, «non c’è un motivo per non inserire le malattie lisosomiali nello screening neonatale esteso: la strumentazione e il personale sono gli stessi, anche se serve l’expertise specifico, nulla cambia per il paziente, nulla cambia per il Centro nascite né per il trasporto del materiale organico e per il laboratorio. Non sono certo poche malattie a cambiare i costi, visto che attualmente abbiamo uno screening per 50 malattie. Servono pochi Centri selezionati, che abbiano un bacino di nati di almeno 60 mila all’anno».

Le malattie rare «sono la priorità di Takeda» assicura Annarita Egidi, General Manager di Takeda Italia, e «siamo decisi a collaborare con le istituzioni per fare meglio conoscere questi temi e per promuovere nello specifico lo screening neonatale».