Tumori. La richiesta delle associazioni: «Inserire la riabilitazione oncologica nei LEA»

Diritti

Tumori. La richiesta delle associazioni: «Inserire la riabilitazione oncologica nei LEA»

di redazione

La riabilitazione oncologica va garantita con immediatezza dal Servizio Sanitario Nazionale attraverso l’inserimento nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA).

È questa la richiesta lanciata dalla Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO).

«Siamo di fronte a un vulnus assistenziale. La riabilitazione è un elemento fondamentale nel percorso di presa in carico del malato oncologico con un forte valore sociale ed economico, derivante da una riduzione dei costi diretti e indiretti correlati con la disabilità derivante dalla malattia oncologica», dice il presidente FAVO Francesco De Lorenzo.

Quando si parla di riabilitazione, si è portati a pensare soprattutto al percorso che è chiamata a compiere una persona reduce da un incidente stradale o da un ictus. La riabilitazione, invece, definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come «un insieme di interventi progettati per ottimizzare il funzionamento e ridurre la disabilità in persone con problemi di salute che ne limitano l’interazione con l’ambiente». Interventi fondamentali anche per i pazienti oncologici (in Italia vivono oggi 3.600.000 persone con una pregressa diagnosi di tumore) e per le persone guarite (1.100.000 persone).

La riabilitazione oncologica ha l’obiettivo di limitare al minimo la disabilità fisica e i deficit (funzionali, cognitivi, nutrizionali, psicologici, sociali e professionali) che spesso possono accompagnare la malattia e manifestarsi nel corso o a seguito del tumore e delle terapie ad esso correlate. 

«La riabilitazione deve essere presente durante tutto il percorso di malattia: dalla diagnosi alla terapia, fino alle cure palliative», spiega l’oncologa Paola Varese, presidente del Comitato Scientifico della FAVO. «Il suo obiettivo è ridurre la perdita fisica e favorire il recupero che il tipo di intervento terapeutico messo in atto comporta. Gli interventi possono variare a seconda della malattia e del trattamento in corso. Ma anche da persona a persona. Per questo è necessaria una individualizzazione del progetto riabilitativo». 

Un percorso efficace è frutto solo di un lavoro di squadra multidisciplinare e multiprofessionale. Di cui, con alcune differenze legate al tipo di malattia da cui un paziente è reduce, fanno generalmente parte il fisiatra, il fisioterapista, l’oncologo, l’infermiere, lo stomaterapista, il nutrizionista, lo psicologo e il palliativista. Oltre gli specialisti di branca: cardiologi, pneumologi, gastroenterologi, internisti, ginecologi, otorini e chirurghi. 

Accanto ai professionisti sanitari, fondamentale è anche il ruolo che svolgono le associazioni di volontariato. 

«La riabilitazione è una necessità e un diritto per migliorare la qualità della vita in ogni sua fase, ma è più evidente quando si presentano accentuate condizioni di fragilità», rimarca Silvana Zambrini, vicepresidente della FAVO e alla guida dell’associazione ANTEA.

Nonostante ciò, la riabilitazione continua a essere una Cenerentola per i malati di cancro. Ciò avviene sia per la scarsa offerta di trattamenti riabilitativi sul territorio sia per un deficit culturale. «Lacausa principale di questa lacuna, almeno nel caso dell’Italia, è l’esclusione della riabilitazione oncologica dai Livelli Essenziali di Assistenza, che continua a generare disparità territoriali nell’accesso alle prestazioni e ai servizi connessi», dice ancora FAVO. «Una situazione che crea le premesse affinché, nello stesso Paese, ci siano pazienti di serie A” e “di serie B».