Ci vuole pazienza, ma il long Covid nella maggior parte dei casi passa del tutto entro un anno
Un ampio studio sul Bmj condotto sulla popolazione israeliana afferma che il long Covid nella maggior parte dei casi non si cronicizza. Entro un anno dall’infezione, nei casi di malattia lieve, i sintomi svaniscono e tutto torna alla normalità
Burnout_At_Work_-_Occupational_Burnout.jpg

Il long Covid può durare molto, anche mesi, ma se l’infezione si è manifestata in forma lieve non diventa cronico: nell’arco di un anno la maggior parte dei sintomi svanisce e tutto ritorna alla normalità. Insomma, dalla sindrome post Covid prima o poi se ne esce.
È il messaggio, incoraggiante, lanciato da un ampio studio condotto in Israele e pubblicato sul British Medical Journal. I vaccini fanno la differenza per uno dei sintomi più gravi e fastidiosi del long Covid, ma non per gli altri. Chi si è vaccinato, infatti, corre meno rischi di andare incontro a difficoltà respiratorie in confronto alle persone non vaccinate. Per il resto della sintomatologia cambia poco o nulla tra vaccinati e non vaccinati.
Gli autori dello studio hanno messo a confronto le condizioni di salute delle persone che non hanno avuto Covid con quelle delle persone che hanno avuto Covid in forma lieve. L’analisi si è basata sui dati dei registri sanitari israeliani dove erano confluiti i risultati di oltre 2 milioni di test per Covid-19 eseguiti tra marzo 2020 e ottobre 2021. Il confronto è avvenuto su oltre 70 condizioni associate al long Covid tenendo in considerazione anche lo stato vaccinale, l’età, il sesso e le varianti che hanno causato l’infezione. I ricercatori hanno registrato i sintomi in due momenti differenti: nei primi 30-180 giorni dall’infezione e nei successivi 180-360 giorni dall’infezione. Dall’analisi sono stati esclusi i casi di pazienti ricoverati con malattia più grave.
L'infezione da Covid-19 è stata significativamente associata ad un aumento del rischio di differenti condizioni, alcune più frequenti nella prima fase del monitoraggio, tra cui perdita dell'olfatto e del gusto, difficoltà di concentrazione e di memoria, difficoltà respiratorie, debolezza, palpitazioni, tonsillite streptococcica e vertigini, altre più diffuse nella seconda fase, come perdita di capelli, dolore toracico, tosse, dolori muscolari e disturbi respiratori.
Rispetto alle persone non infette, l'infezione lieve da Covid-19 è stata associata a un rischio 4,5 volte più elevato di perdita dell'olfatto e del gusto nel primo periodo e un rischio quasi 3 volte più elevato nel periodo finale.
I sintomi più comuni nei 12 mesi di osservazione sono stati la debolezza (altre 136 persone su 10mila) e le difficoltà respiratorie (107 su 10mila).
Non sono emerse differenze legate alle varianti in circolazione nel periodo dello studio, ossia Alfa e Delta.
Il vaccino offre una protezione in più anche nei confronti del long Covid ricucendo il rischio di alcune manifestazioni, anche se non di tutte.
Le persone vaccinate che si erano infettate avevano meno probabilità di andare incontro a di difficoltà respiratorie, ma un rischio simile per le altre condizioni rispetto ai pazienti infetti non vaccinati.
«Il nostro studio suggerisce che i pazienti con Covid-19 lieve sono a rischio per un piccolo numero di condizioni di salute e la maggior parte di queste si risolve entro un anno dalla diagnosi. È importante sottolineare che il rischio di dispnea persistente è stato ridotto nei pazienti vaccinati con infezione rispetto alle persone non vaccinate, mentre i rischi di tutti gli altri esiti erano comparabili», concludono i ricercatori.
Infine, gli autori dello studio riconoscono la possibilità di una sovrastima delle sindromi post-Covid. I pazienti che hanno avuto Covid potrebbero infatti ricorrere con maggiore frequenza al medico comportando così un aumento delle diagnosi di alcune condizioni nelle persone che hanno avuto Covid.