Colesterolo: 4 pazienti su 5 riescono a controllare LDL con evolocumab

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Colesterolo: 4 pazienti su 5 riescono a controllare LDL con evolocumab

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Immagine: BruceBlaus, CC BY 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/3.0>, via Wikimedia Commons
di redazione

L’80% dei pazienti trattati con il farmaco evolocumab raggiunge livelli di colesterolo LDL inferiori ai 55 mg/dL raccomandati dalle linee guida europee. Il trattamento, inoltre, riduce notevolmente il rischio di andare incontro a eventi cardiovascolari maggiori e morte. Sono questi due dei dati salienti di uno studio presentato nel corso del congresso della Società Europea di Cardiologia e pubblicato contemporaneamente sulla rivista Circulation. 

Lo studio è un’estensione open label (OLE) dello studio di fase III FOURIER che ha coinvolto 6.635 pazienti con malattia cardiovascolare aterosclerotica clinicamente evidente, metà dei quali hanno assunto evolocumab; i rimanenti hanno ricevuto un placebo. I pazienti sono stati stati seguiti in media per 5 anni, arrivando in alcuni casi fino a oltre 8 anni. 

Lo studio ha dimostrato che evolocumab ha portato a una riduzione dei livelli di colesterolo LDL che si manteneva nel tempo, con l'80% dei pazienti che ha raggiunto livelli di colesterolo LDL inferiori a 55 mg/dL. Nei pazienti originariamente randomizzati a evolocumab, inoltre, si è osservata una riduzione del 20% del rischio di eventi cardiovascolari maggiori e del 23% di morti cardiovascolari rispetto a coloro che avevano ricevuto il placebo.

«Le nuove osservazioni dello studio FOURIER-OLE confermano che un più precoce inizio della terapia con evolocumab, combinato con una più lunga durata del trattamento, offre una maggiore riduzione del rischio cardiovascolare, inclusa la morte», ha detto David M. Reese, vicepresidente esecutivo Ricerca e Sviluppo di Amgen.

«Un aspetto che emerge dallo studio è la totale aderenza dei pazienti alla terapia», ha sottolineato Piera Angelica Merlini, dell’Ospedale Niguarda di Milano, che è stato tra i nove centri italiani che ha partecipato allo studio. Un altro dato è quello dell’importanza di un inizio precoce della terapia. «Nei pazienti che nei primi 30 mesi avevano ricevuto il trattamento attivo si è registrata una riduzione degli eventi cardiovascolari e della mortalità», ha concluso.