Depressione “effetto collaterale" del diabete per 700 mila italiani

Il congresso di NeuroPsicoFarmacologia

Depressione “effetto collaterale" del diabete per 700 mila italiani

di redazione

La depressione può essere considerata un effetto collaterale del diabete. Il 17 per cento delle persone con diabete, infatti, sviluppa prima o poi depressione, con una probabilità più elevata nelle donne, fra gli over 65, nei pazienti con altre patologie e in chi vive in aree rurali. Si parla di circa 700 mila persone. La depressione è a sua volta motivo di pericolo per i pazienti perché la probabilità di sviluppare complicanze del diabete acute e/o nel lungo termine raddoppia e la mortalità è quasi tripla. È quanto dimostra uno studio pubblicato su Acta Diabetologica, condotto da ricercatori dell’Università di Bologna su oltre 30mila nuovi casi di diabete diagnosticati in Emilia Romagna fra il 2008 e il 2017, seguiti fino al 2020. I ricercatori hanno registrato le nuove diagnosi di depressione e le complicanze metaboliche emerse nel corso degli anni.

I dati della ricerca sono stati discussi in occasione del XXIII congresso nazionale virtuale della Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia.  Individuare con adeguati screening chi ha il diabete e la depressione è fondamentale per poter impostare un adeguato trattamento e scongiurare così le conseguenze di questa pericolosa ‘accoppiata’ di malattie: i pazienti con entrambe le patologie infatti hanno un rischio 1,6 volte superiore di andare incontro a complicanze metaboliche nel lungo termine, ovvero nell’arco di 10 anni, e di 2,3 volte superiore di complicanze acute nel giro di tre anni, mentre il rischio di mortalità è 2,8 volte superiore rispetto a chi non soffre di depressione.

«La depressione è una frequente comorbidità per numerose patologie croniche. I nuovi dati confermano come dopo una diagnosi difficile come quella di diabete, una malattia con cui si è costretti a convivere per il resto della propria vita, aumenta la probabilità di andare incontro a un disturbo dell’umore: una percentuale di nuove diagnosi di depressione del 17 per cento entro i primi 10 anni dalla diagnosi della patologia metabolica indica un’incidenza di malessere mentale che non può e non deve essere ignorata, soprattutto per le conseguenze drammatiche sulla salute generale dei pazienti che questa può avere», spiega Matteo Balestrieri, co-presidente della Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia e professore ordinario di Psichiatria all’Università di Udine. 

I risultati dello studio indicano che quando la depressione si associa a un’altra patologia, la prognosi peggiora in maniera netta. «Ecco perché è fondamentale monitorare tutti i pazienti che ricevono una diagnosi di malattia cronica, dal diabete alle malattie cardiovascolari, dalle patologie reumatiche ai tumori: nei mesi e anni successivi, il rischio di ammalarsi di depressione cresce e non deve essere considerata un ‘cattivo umore’ dovuto al peggioramento della salute, ma una patologia vera e propria che va trattata in maniera adeguata ed evitare che comprometta la salute e perfino l’aspettativa di vita», commenta Claudio Mencacci, co-presidente della Società Italiana di NeuroPsicoFarmacologia e direttore emerito di neuroscienze e salute mentale all’ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano.

Gli esperti consigliano di sottoporre i pazienti con malattie croniche a periodici screening per la depressione. 

«Soffrire di una malattia cronica impone nuovi limiti con cui occorre confrontarsi e comporta paure a cui può essere difficile far fronte. Tutto questo può portare alla comparsa di sintomi depressivi che non vanno ignorati ma indagati a fondo per porre una corretta diagnosi e, se necessario, intraprendere un adeguato trattamento», concludono Mencacci e Balestrieri.