Paziente “digitale”: il diabete è una delle discipline più avanti

Il congresso della SID

Paziente “digitale”: il diabete è una delle discipline più avanti

di redazione

La telemedicina applicata al diabete funziona. Tanto che si è osservato  addirittura un effetto lockdown: alcuni parametri di compenso glico-metabolico dei pazienti italiani seguiti in telemedicina sono addirittura migliorati durante la gestione della patologia a distanza. 

La pandemia di Covid-19 ha dato senz’altro un’accelerazione senza precedenti alla digitalizzazione della medicina, soprattutto nel campo del diabete. 

Ma adesso è necessario sistematizzare, rendere organiche e mettere in rete le tante iniziative spontanee, spuntate durante i mesi più duri dei lockdown. È l’appello che fa da sfondo all’intervento di Luigi Laviola, ordinario di Medicina Interna all’Università di Bari, al congresso Panorama Diabete  della Società Italiana di Diabetologia (Riccione, 27-30 novembre). 

«Il digitale è già presente in tanti aspetti della vita dei pazienti, dalla pre-visita, informazioni sulle malattie, ricerca di sintomi, medici e strutture, alla visita, prenotazione, consulto, pagamento, invio referti, al trattamento, somministrazione, monitoraggio del decorso della patologia. Ma la vera rivoluzione è ancor più evidente nei device per il diabete (pompe da insulina, penne da insulina “smart”, pancreas artificiali ibridi, sensori per la glicemia “impiantabili” e “indossabili”, nelle “app” per pazienti e per medici da smartphone, nei siti web di supporto al paziente e nei software di data management. E già si guarda alle prossime frontiere, come le app di supporto decisionale per il medico, gli algoritmi di intelligenza artificiale, già entrati nello screening della retinopatia diabetica, e i sistemi di integrazione delle informazioni provenienti dai social media. C’è poi tutta l’area dei digital therapeutics, cioè delle app utilizzate come “farmaci”, che verranno validati da trial clinici su e-coorti» afferma Laviola. 

Nella definizione di mobile health (m-health) rientrano i dispositivi mobili (app da computer o smartphone, altre che utilizzano sistemi di comunicazione più tradizionali quali telefono, sms, e-mail, instant messaging) per scambiare informazioni che hanno a che fare con la salute.  Con “telemedicina” invece si intende l’attività di cura e prevenzione tramite l’uso di tecnologie, che include tutta una serie di strategie, la principale delle quali è il tele-monitoraggio. «Il diabete è forse l’esempio migliore di come questi aspetti di salute digitale possano essere collegati in maniera efficace: la m-health consente al paziente di registrare sul suo smartphone e inviare su cloud i dati relativi ad esempio alla glicemia; il telemonitoraggio consente al medico di visualizzare questi dati sul suo computer e di darne un’interpretazione; la telemedicina in senso stretto è il collegamento tra questi due attori e utilizza le informazioni fornite dal paziente e le considerazioni fatte dal medico, per gestire al meglio la patologia», spiega Laviola. 

Durante la pandemia, i medici si sono trovati a dover gestire richieste d’aiuto dei pazienti con malattia cronica che necessitavano di supporto e di contatto ma che dovevano evitare di entrare in ospedale.  Recentemente SID, AMD e SIE hanno elaborato un vademecum molto pratico sulla gestione delle visite diabetologiche da remoto, indicandone le tappe essenziali (calendarizzazione appuntamenti, contatto preliminare, acquisizione ricetta, attività di tele-visita con strumenti e software sicuri, criptati e in grado di garantire la sicurezza dei dati, la refertazione della visita e la certificazione della prestazione). Questo ha consentito alle strutture diabetologiche italiane di reggere l’impatto del Covid meglio di quanto sia successo in altri Paesi del mondo. Negli Usa le visite in presenza si sono ridotte in questo periodo di oltre il 60 per cento e solo il 14 per cento di queste è stato recuperato tramite tele-visita; mentre in Italia, nelle 8 settimane di lockdown più duro (a marzo) molti centri diabetologici sono riusciti a portare a termine oltre il 90 per cento delle visite prenotate grazie alla telemedicina. La telemedicina ha funzionato talmente bene che si è addirittura generato il paradosso del lockdown effect, con un miglioramento di alcuni parametri dei pazienti italiani seguiti in telemedicina durante il lockdown.