Scompenso cardiaco: migliorano cure e prognosi, ma aumentano i casi
Lo hanno chiamato “paradosso dello scompenso”, quello che, a fronte di notevoli miglioramenti nella prognosi delle singole condizioni cardiache come cardiopatia ischemica, ipertensione, cardiopatie valvolari o congenite e così via, vede una crescente prevalenza di scompenso cardiaco. È circa tre volte più frequente dell’infarto, ma fa meno “notizia”, ed è al terzo posto della classifica del numero dei ricoveri e al primo posto per giorni di degenza. Ma soprattutto è la prima causa di morte tra gli ultrasessantacinquenni.
Lo scompenso cardiaco è stato al centro del recente Convegno annuale dell'Associazione italiana scompensati cardiaci (Aisc).
Nell’incontro «abbiamo dato risalto alle richieste emergenti in funzione del Pnrr – sottolinea Salvatore Di Somma, direttore del Comitato scientifico dell’Associazione - in modo che si possa delineare un nuovo modello di assistenza domiciliare, territoriale e ospedaliera grazie all’implementazione delle nuove tecnologie di teleassistenza e telemedicina come risorse che integrano e non sostituiscono il rapporto con il medico curante e il team multidisciplinare. È in questo quadro che si inseriscono le nuove Linee guida che rappresentano, oltre a un cambiamento di approccio alla gestione del paziente con scompenso – aggiunge - una presa in carico del paziente sin dal momento della diagnosi con l’implementazione di tutte le categorie di farmaci raccomandati nel più breve tempo possibile e una personalizzazione della terapia».
In un recente articolo apparso su Lancet, infatti, è stato sottolineato come con una corretta applicazione delle terapie si potrebbe avere una diminuzione del 60% dei casi e un aumento di otto anni nell’aspettativa di vita.
Per i pazienti con scompenso cardiaco l'elemento critico è l’aderenza ai trattamenti e lo stretto monitoraggio. A questo proposito si è espressa Perciò «è fondamentale – avverte Maria Rosaria Di Somma, consigliere Aisc - rendere ordinario il modello che integra la telemedicina nelle malattie croniche. Per farlo è necessario rimuovere due ostacoli: la definizione delle tariffe che pagano questi servizi, dal telemonitoraggio al consulto sino alla riabilitazione, e gli ostacoli della legge sulla privacy che devono adeguarsi alle nuove tecnologie sanitarie».