Tumore al seno in fase avanzata: buoni risultati per due nuove molecole

Farmaci

Tumore al seno in fase avanzata: buoni risultati per due nuove molecole

di redazione

Per le donne con tumore al seno positivo per i recettori ormonali in fase avanzata potrebbero presto essere disponibili due nuove efficaci opzioni terapeutiche. Al San Antonio Breast Cancer Symposium, congresso internazionale sul tumore al seno in corso fino al 10 dicembre, sono stati presentati i dati di due sperimentazioni cliniche che confermano l’efficacia di due nuovi principi attivi: capivasertib e camizestrant.

«Il carcinoma della mammella è il tumore più diffuso nella popolazione femminile, con 2,3 milioni di casi stimati nel 2020 in tutto il mondo», afferma Saverio Cinieri, presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM). «Circa il 70% è costituito dal sottotipo positivo per recettori ormonali (HR+) e con bassa espressione della proteina HER2 (HER2-low) o HER2 negativo. Le terapie ormonali sono abitualmente utilizzate per il trattamento del carcinoma della mammella HR+. Tuttavia, queste pazienti sviluppano spesso resistenza alle terapie ormonali attualmente disponibili per la malattia avanzata e vanno incontro a progressione di malattia. Da qui la necessità urgente di nuove cure. Capivasertib e camizestrant hanno il potenziale per rispondere a questo forte bisogno clinico».

Nel dettaglio, nello studio di di fase III CAPItello-291, il farmaco capivasertib, usato insieme alla terapia ormonale, ha ridotto del 40% il rischio di progressione di malattia o morte rispetto alla sola terapia ormonale. Secondo questi dati «capivasertib rappresenta una nuova e importante opzione terapeutica, potenzialmente capace di cambiare l’attuale pratica clinica nel trattamento delle pazienti affette da carcinoma della mammella in fase avanzata HR-positivo/HER2-negativo», dice Alberto Zambelli, professore associato di Oncologia medica all’Humanitas University di Milano.

Nel secondo studio (SERENA-2), camizestrant, che appartiene alla famiglia dei modulatori selettivi del recettore degli estrogeni, ha ridotto il rischio di progressione di malattia o morte del 42% rispetto a un farmaco attualmente in uso appartenente alla stessa categoria. «Questi dati costituiscono un importante passo avanti verso una potenziale nuova terapia ormonale per pazienti con malattia avanzata dipendente dal recettore per gli estrogeni», ha affermato Giampaolo Bianchini, Responsabile della Breast Unit presso il Dipartimento di oncologia dell’IRCSS Ospedale San Raffaele di Milano.