Vietato esagerare con i farmaci anti-acido. Aumentano il rischio di morte prematura
Il loro uso deve essere limitato a 8 settimane al massimo. Perché gli inibitori di pompa protonica possono avere effetti collaterali gravi sulla salute. Uno studio di Bmj Open ha osservato un’associazione tra l’uso prolungato e l’aumento della mortalità
Scientificamente parlando vengono chiamati “inibitori di pompa protonica” (Ppi) , ma sono comunemente noti come antiacidi. Si tratta dei ben noti e diffusi farmaci per la gastrite, il reflusso gastroesofageo, ulcere e altri problemi gastrici. Una categoria di farmaci essenziale per milioni di persone nel mondo, ma che usata - come spesso avviene - in maniera inappropriata può causare seri danni alla salute. Addirittura, secondo un recente studio su British Medical Journal Open l’assunzione a lungo termine di questi comuni medicinali è associata a un aumentato rischio di morte prematura.
Non è la prima volta che i farmaci contro i bruciori di stomaco sono accusati di effetti collaterali preoccupanti, come danni ai reni, indebolimento delle ossa e anche demenza. Ma questo nuovo studio è forse il più allarmante.
I ricercatori hanno esaminato i dati sulla salute di 275 mila persone che tra il 2006 e il 2008 avevano assunto regolarmente gli inibitori di pompa protonica e di 75 mila pazienti trattati con un altro tipo di farmaci chiamati H2 antagonisti indicati sempre per ridurre l’acidità di stomaco. Tutte le informazioni sono state ricavate dal database del US Department of Veterans Affairs. I ricercatori hanno selezionato i pazienti che facevano un uso prolungato dei medicinali per i bruciori di stomaco e hanno osservato il numero dei morti e la data del decesso.
«Da qualunque parte guardassimo i dati, vedevamo sempre la stessa cosa: esiste un rischio di morte prematura più alto tra chi assume gli inibitori di pompa protonica», ha detto Ziyad Al-Aly, autore dello studio e professore di medicina alla Washington University di St. Louis. «Per esempio mettendo a confronto i pazienti che prendevano gli H2 antagonisti con quelli che assumevano i Ppi, abbiamo trovato che questi ultimi correvano un rischio del 25 per cento più alto di morire nell’arco dei successivi 5 anni».
Chi parla, Ziyad Al-Aly, ha dedicato gran parte del suo lavoro a studiare gli effetti collaterali dei farmaci antiacido. Dimostrando, in precedenti studi, che in determinate circostanze i gli inibitori di pompa protonica possono provocare, per esempio, danni ai reni. Era legittimo domandarsi quindi se la somma di queste conseguenze negative potesse incidere sulla mortalità.
Secondo i calcoli dei ricercatori in ogni gruppo di 500 persone che assume inibitori della pompa protonica per un anno c’è una morte che si poteva evitare. Non è un dato trascurabile considerato che queste medicine sono acquistate da milioni di persone in tutto il mondo. Secondo, i ricercatori, dunque, agli inibitori di pompa potrebbero essere additate migliaia di morti in eccesso ogni anno.
I rischi per la salute aumentano con il prolungarsi della terapia: dopo 30 giorni non si registrano sostanziali differenze tra chi assume Ppi e chi assume H2 antagonisti, ma dopo uno o due anni il rischio di morte tra i consumatori degli inibitori di pompa è del 50 per cento superiore rispetto a quello dell’altro gruppo.
È bene chiarirlo: lo studio non smentisce in alcun modo l'utilità di questi farmaci. Piuttosto un loro uso smodato e che non rispetta le indicazioni delle linee guida che raramente ne consigliano un utilizzo più lungo di otto settimane. «Gli inibitori di pompa protonica salvano delle vite. Se ne avessi bisogno li prenderei assolutamente», chiarisce Al-Aly. «Ma non li prenderei con disinvoltura se non ne avessi bisogno. E vorrei che il mio medico mi tenesse sotto controllo attentamente e sospendesse la terapia nel momento in cui non ce ne fosse più necessità».