Covid 19 e trombosi: chi si vaccina rischia molto meno di chi si infetta
Il rischio di trombosi legato all’infezione Covid-19 è da 50 a 70 volte superiore a quello legato ai vaccini. Lo dice uno studio (Treasure) su Thrombosis Research coordinato dal Centro Cardiologico Monzino e dall’Università Statale di Milano, in collaborazione con l’Ospedale San Raffaele, che ha valutato gli effetti di tutti i quattro vaccini utilizzati contro il Covid-19 (due a mRna e due a vettore virale) sul nostro sistema emostatico.
«I tanti studi precedenti su questo tema sono nati, giustamente, sull’onda dell’urgenza e nessuno è pertanto completo come Treasure. Va ricordato che i casi di trombosi, per quanto rari, a seguito della somministrazione del vaccino AstraZeneca, avevano seminato il panico nella popolazione, mettendo a rischio l’adesione alla campagna vaccinale, anche in assenza di dati scientifici consolidati. Per questo ad aprile dello scorso anno abbiamo raccolto l’invito delle Società Scientifiche Internazionali ad indagare i meccanismi di interazione fra cellule del sangue e vaccini, realizzando uno studio approfondito, i cui risultati potessero essere utili non solo per l’emergenza presente, ma anche per il futuro dei vaccini a mRNA», dichiara Marina Camera, coordinatrice dello studio, docente di Farmacologia dell’Università degli Studi di Milano e Responsabile dell’Unità di Biologia Cellulare e Molecolare Cardiovascolare del Centro Cardiologico Monzino.
I ricercatori hanno arruolato 368 individui nel periodo aprile – luglio 2021 della popolazione generale di età compresa tra i 18 e i 69 anni. Tutti i partecipanti stavano per ricevere la prima o la seconda dose di vaccino anti-COVID-19, sia a vettore virale (Astra Zeneca o Janssen) che a mRNA (Pfizer o Moderna). Ai partecipanti è stato effettuato un semplice prelievo di sangue il giorno prima e 8-10 giorni dopo la vaccinazione.
«Il nostro obiettivo era infatti quello di valutare il più esaustivamente possibile l’effetto dei diversi vaccini sui meccanismi emostatici dell’organismo. Oltre all’attivazione piastrinica abbiamo studiato anche altri processi che intervengono nelle complicanze trombotiche, misurando biomarcatori specifici dell’infiammazione, dell’attivazione della coagulazione, e della disfunzione endoteliale per un totale di più di 30.000 determinazioni. In fase di analisi dei dati abbiamo tenuto anche in considerazione se aver contratto l’infezione prima della vaccinazione potesse in qualche modo influire sui risultati», afferma Camera.
Dall’analisi è emerso che i quattro vaccini inducono una risposta infiammatoria temporanea nel nostro organismo, ma nessuna attivazione piastrinica. «Le lievi alterazioni che abbiamo riscontrato nella coagulazione e nella funzionalità endoteliale potrebbero spiegare il leggero aumento degli eventi tromboembolici venosi verificatisi a seguito della vaccinazione. Siamo convinti che i nostri dati offrano una base solida per la programmazione e il successo delle prossime campagne vaccinali e contiamo che la scienza possa dissipare le paure che tengono la gente lontano dai vaccini, quando il loro utilizzo previene un rischio tromboembolico 50-70 volte maggiore proprio dell’infezione da COVID-19, perlomeno di quella causata dal virus circolante in Lombardia nel 2020», conclude Armando D’Angelo, responsabile del Servizio di Coagulazione e Unità Ricerca Trombosi del San Raffaele.