Malattie cardiovascolari, le società scientifiche: biomarcatori ed esami diagnostici più precisi cambiano i paradigmi di prevenzione
Non più solo primaria o secondaria, la prevenzione delle malattie cardio-vascolari deve essere mirata. È quanto chiedono gli esperti della Consulta delle Società Scientifiche per la riduzione del Rischio Cardio-Vascolare in un documento presentato nell’ambito del workshop del titolo “Focus su tre grandi temi per il Ssn: Riflessioni e Proposte della Consulta SCV”, supportato sul piano organizzativo da Dephaforum. Il nuovo approccio proposto dall’alleanza che riunisce 16 diverse Società Scientifiche prevede di valutare le condizioni e la funzionalità degli organi che sono il “bersaglio” dei principali fattori di rischio.
«Oggi sono stati messi a punto biomarcatori del danno d’organo e nuove indagini strumentali come le bio-immagini. Rispetto a pochi anni fa è quindi possibile quantificare e qualificare il danno strutturale e funzionale al sistema cardiovascolare. Per esempio, le tecniche più avanzate ultrasoniche e tomografiche consentono di identificare precocemente lesioni, anche molto lievi, al sistema vascolare del cuore o dei reni o di altri organi. Tutto ciò porta inevitabilmente a importanti ricadute clinico-terapeutiche e opportunità di intervento precoce per tutti i pazienti. Questa maggiore precisione diagnostica consente una tempestiva identificazione del danno d’organo ed una conseguente adeguata quantificazione del rischio. Andrà perciò rivisto il paradigma classico con cui classifichiamo i pazienti, interpretiamo le nostre linee guida e diamo raccomandazioni terapeutiche alla luce del nuovo ruolo assegnato al danno d’organo, il vero nuovo “killer silenzioso», afferma il Giuseppe Mancia, presidente della Consulta-SCV, Professore Emerito dell’Università Milano Bicocca e Presidente della European Society of Hypertension Foundation.
Un’attenzione particolare va rivolta anche al paziente fragile. La Consulta-SCV ha infatti proposto di costituire un gruppo di lavoro interdisciplinare, per studiare questa problematica.
«Ogni persona colpita da una patologia cardiovascolare presenta infatti dei livelli diversi di fragilità, che dipendono da diversi fattori come la complessità clinica, la suscettibilità biologica e anche la vulnerabilità sociale. Sono tutti elementi che devono essere tradotti in un piano assistenziale individualizzato che tenga poi conto dei singoli aspetti d’ogni malato. Questo vale soprattutto nella gestione clinica e assistenziale della cronicità, condizione che interessa un numero crescente di pazienti», dichiara Giovanni Corrao, direttore del Centro Interuniversitario Healthcare Research and Pharmacoepidemiology.