Il morbillo torna a far paura. 700 casi dall'inizio dell'anno
Con una copertura vaccinale dell’85% ci stiamo allontanando sempre più dal traguardo dell’ “effetto gregge”, capace di bloccare la diffusione della malattia. La sfida per le istituzioni è una sola: convincere la popolazione a vaccinarsi. Per farlo è necessario capire chi non lo fa e perché
Il morbillo torna a far paura nel nostro Paese. Con 700 casi dall’inizio dell’anno, nei primi tre mesi del 2017 la diffusione della malattia infettiva si è più che triplicata rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente quando i casi registrati erano 220.
Tradotto in valori percentuali significa un aumento del 230 per cento. Piemonte, Lazio, Lombardia e Toscana sono le regioni con il numero più alto di persone contagiate, generalmente di età compresa tra i 15 e i 39 anni.
La causa è nota a tutti: il calo delle vaccinazioni, scese ben al di sotto della soglia necessaria a far scattare il provvidenziale “effetto gregge” che protegge dall’infezione anche chi non è stato vaccinato.
«Nonostante il Piano di eliminazione del morbillo sia partito nel 2005 – sottolinea il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin - e la vaccinazione contro il morbillo sia tra quelle fortemente raccomandate e gratuite, nel 2015 la copertura vaccinale contro il morbillo nei bambini a 24 mesi (coorte 2013) è stata dell’85,3 per cento (con il valore più basso pari al 68 per cento registrato nella Pa di Bolzano e quello più alto in Lombardia con il 92,3 per cento), ancora lontana dal 95 per cento che è il valore soglia necessario ad arrestare la circolazione del virus nella popolazione».
Con questi dati non ci si può aspettare nulla di buono. La recente epidemia di morbillo in Romania, con 3mila casi e 17 morti, è lì a mostrarci cosa stiamo rischiando. Secondo quanto riportato sul portale EpiCentro dell’Istituto Superiore di Sanità, la copertura vaccinale nel paese dell’Europa orientale è al di sotto del 90 per cento, proprio come da noi. dall’altra parte dell’Oceano lo scenario è completamente diverso. L’America del Nord, del Centro e del Sud è “Free of endemic measles” , libera dal morbillo endemico come annunciato dalla Panamerican Health Organization nel settembre del 2016.
Non c’è bisogno di molte parole per spiegare cosa divide la Romania dall’America, basta un laconico twitter: «2017 epidemia di morbillo in Romania, 3400 casi 17 morti, mentre regione americana è morbillo free una sola differenza: vaccinazione». Così Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto Superiore di Sanità ribadisce sul social network il ruolo chiave dei vaccini.
Ma come fare per convincere i genitori a far vaccinare i propri figli? Le istituzioni le stanno pensando tutte e l’emergenza riaccende antiche discussioni sulle scelte più opportune: obbligare o non obbligare, questo è il dilemma.
«È ora indispensabile – dichiara Lorenzin - intervenire rapidamente con un impegno e una maggiore responsabilità a tutti i livelli, da parte di tutte le istituzioni e degli operatori sanitari, per rendere questa vaccinazione fruibile, aumentandone l’accettazione e la richiesta da parte della popolazione. Analogamente le amministrazioni regionali e delle aziende sanitarie, così come pediatri e medici di medicina generale devono promuovere una campagna di ulteriore responsabilizzazione da parte dei genitori e delle persone non immuni di tutte le età affinché non rinuncino a questa fondamentale opportunità di prevenire una malattia che può essere anche letale».
Come tutte le campagna di comunicazione, anche quella sull’importanza dei vaccini dovrebbe partire individuando i destinatari del messaggio. Chiedersi quindi, come ha fatto la Regione Veneto nel 2008, chi siano le persone che non si vaccinano e che non vaccinano i propri figli, sembrerebbe la prima cosa utile da fare. Anche perché possono venir fuori delle sorprese. Tanto per cominciare gli antivaccinisti radicali, quelli che per profonde convinzioni ideologiche rifiutano di sottoporsi alle punture e impongono la stessa scelta ai loro famigliari, generalmente ritenuti i principali responsabili del calo delle vaccinazioni, sono una netta minoranza (intorno all’1% della popolazione). Più numeroso è il gruppo dei diffidenti, titubanti, moderatamente perplessi, che, poco interessati a prendere posizione pro o contro, fanno un po’ come gli pare: scelgono quali vaccini fare e quali no, saltano i richiami, interpretano a loro discrezione il calendario consigliato dalle istituzioni. Secondo un’indagine dell’Economist sono loro il vero problema: «Il problema più grande è rappresentato dal numero crescente di genitori che ritardano la vaccinazione o scelgono quale accettare e quale no», si legge sulla rivista inglese. Nei paesi occidentali si calcola che a pensarla così sia un quarto dei genitori. È un dato da tener presente nelle campagne di vaccinazione.