La somma che fa la differenza. Così l’esposizione in utero agli interferenti endocrini può causare un ritardo nel linguaggio
Un progetto internazionale di cui fa parte anche l’Italia propone un nuovo modello di valutazione del rischio delle sostanze chimiche basato sulla combinazione dei distruttori endocrini e non solo sulle singole sostanze. In questo modo emergono gli effetti dannosi sul neurosviluppo dei bambini
Sono capaci di alterare il metabolismo, di compromettere l’equilibrio ormonale e anche di favorire lo sviluppo di tumori. Sono ovunque: nel cibo, nell’acqua e nell’aria. Si chiamano distruttori o interferenti endocrini e sono tra le sostanze chimiche presenti nell’ambiente più studiate degli ultimi tempi. Per lo più sono state analizzate singolarmente per valutare l’impatto di ognuna di loro sulla salute. Ma ora uno studio internazionale a cui hanno partecipato per l’Italia l’Istituto Europeo di Oncologia, lo Human Technopole e l’Università di Milano, avverte che il mix di distruttori endocrini può avere effetti peggiori delle singole sostanze.
Tra questi effetti ce ne è uno poco studiato: il ritardo del linguaggio nei bambini nati da mamme esposte a una combinazione di sostanze chimiche.
Gli scienziati sono arrivati a questa conclusione combinando i dati di studi epidemiologici con i risultati di esperimenti di laboratorio su cellule umane e su animali. Secondo le loro stime il 54 per cento delle donne incinte è esposto a livelli preoccupanti di interferenti endocrini. Perché anche se le singole sostanze si trovano nell’ambiente in quantità inferiori a quelle considerate dannose, la loro combinazione può diventare un pericolo per la salute.
I ricercatori hanno avviato un progetto chiamato EDC-MixRisk per valutare i rischi del mix di interferenti endocrini che è stato sviluppato in tre fasi. Nella prima fase sono state individuate le sostanze chimiche presenti nei campioni di sangue e di urina delle donne incinte e i risultati sono stati associati ai dati sul ritardo del linguaggio dei bambini. Il mix di sostanze a cui sono state esposte le donne era composto per lo più da ftalati, bisfenolo A e fluorocarburi. Successivamente i ricercatori hanno ricostruito i processi molecolari attraverso i quali le sostanze interferiscono con il sistema endocrino e con i geni coinvolti nel neurosviluppo. Per farlo si sono serviti di organoidi di cervello umano (colture cellulari in vitro proliferate a uno stadio avanzato che simulano lo sviluppo del cervello) esposti alla stessa combinazione di sostanze presenti nel mondo reale. Gli esperimenti hanno dimostrato che il mix di interferenti endocrini altera la regolazione dei geni associati all’autismo e al linguaggio, ostacola la differenziazione dei neuroni e altera la funzione dell'ormone tiroideo che è responsabile della crescita e dello sviluppo del cervello.
Nella terza fase dello studio, gli scienziati, utilizzando i risultati degli esperimenti, hanno proposto un nuovo modello di valutazione del rischio che tenga conto della combinazione di sostanze. Secondo le loro stime, il 54 per cento dei bambini nati dalle mamme che hanno partecipato al monitoraggio delle sostanze chimiche era a rischio di sviluppare un ritardo nel linguaggio (con le prime parole pronunciate intorno ai 30 mesi). Questi bambini sono infatti stati esposti in utero a un mix di composti chimici a livelli superiori a quelli valutati dannosi per il neurosviluppo negli esperimenti di laboratorio. Va specificato che con il sistema di valutazione del rischio attualmente in uso nessuna delle sostanze rintracciate presa singolarmente sarebbe stata considerata nociva.
«Ciò che rende unico questo progetto è aver collegato i dati sulla popolazione con quelli degli studi sperimentali e di aver poi utilizzato queste informazioni per sviluppare nuovi metodi per la valutazione del rischio delle combinazioni di sostanze chimiche», afferma Carl-Gustaf Bornehag, professore all'Università di Karlstad, responsabile della parte epidemiologica di EDC-MixRisk.