Alcolismo: si studia una terapia genica per interrompere la dipendenza
Una terapia genica già usata nella malattia di Parkinson potrebbe aiutare a liberarsi dalla dipendenza da alcol. L’introduzione di un gene nel cervello rinormalizza il circuito di ricompensa della dopamina. I test sui macachi sono promettenti. Da usare, però, solo nei casi più gravi
roberto-alcohol-920x500.jpg

Spesso è una battaglia persa. Come si può infatti interrompere un’abitudine che dà piacere? È la sfida che il sistema della ricompensa controllato dalla dopamina lancia al cervello: provare gratificazione senza diventarne dipendenti. La trappola è ben congegnata e uscirne da soli può essere impossibile. Succede nell’alcolismo (e nelle altre dipendenze): il benessere procurato dall’alcol funziona come rinforzo e induce a consumarne ancora, sempre di più, sempre più spesso. Fino ad arrivare a un punto in cui il rilascio della dopamina diminuisce, non si prova più piacere nel bere, ma si sente comunque il bisogno di alcol per mantenere uno stato di ebbrezza permanente. In molti casi questo è il punto di non ritorno. Non funzionano i farmaci, non funziona la psicoterapia, non funzionano i gruppi di auto-aiuto. Ora si apre uno spiraglio anche per chi si trova in quella condizione, un nuovo trattamento che viene proposto però, va specificato subito, come un rimedio estremo a un male estremo.
Si tratta di una terapia genica già usata nella malattia di Parkinson che per la prima volta viene suggerita come strategia per aiutare i forti bevitori cronici a uscire dalla dipendenza quando tutti gli altri sistemi hanno fallito. I ricercatori dell’ Oregon Health & Science University hanno infatti testato su un gruppo di macachi forti bevitori di alcol un trattamento innovativo per “resettare” il circuito di ricompensa della dopamina in individui predisposti all’alcolismo. La procedura è chirurgica e consiste nell’impiantare nella specifica area del cervello deputata al rilascio di dopamina una particolare molecola che potenzia l’attività dei neuroni che sintetizzano la “sostanza del benessere” riportando il sistema della ricompensa alla fase pre-intossicazione.
Più precisamente: attraverso un vettore virale (un virus adeno-associato), è stato inserito nel cervello degli animali un gene che codifica per una proteina chiamata “fattore neurotrofico derivato dalla glia” (GDNF), Il fattore neurotrofico derivato dalla glia, un fattore di crescita che stimola le cellule ad aumentare rapidamente di numero e migliora la funzione dei neuroni nel cervello che sintetizzano la dopamina. In questo modo viene compensato il calo del rilascio di dopamina caratteristico dell’alcolismo e il circuito della ricompensa torna alla normalità. I quattro animali sottoposti alla procedura hanno ridotto del 90 per cento il consumo di alcol rispetto al gruppo di controllo.
«L’intervento è stato incredibilmente efficace. Le scimmie che sono state trattate con questo gene hanno iniziato a sovraesprimere in modo permanente la dopamina e hanno ridotto notevolmente il consumo di alcol», ha ha dichiarato Kathleen Grant, tra gli autori dello studio appena pubblicato su Nature Medicine.
Per mesi e mesi gli animali hanno bevuto quasi esclusivamente acqua e il consumo di alcol era talmente basso da non essere più rilevabile nelle analisi del sangue.
«La dopamina è coinvolta nel rinforzo positivo del comportamento. L’uso eccessivo di alcol può aumentare la dopamina. Tuttavia, bevendo cronicamente, il cervello si adatta in modo tale da diminuire il rilascio di dopamina. Quindi, quando le persone diventano dipendenti dall'alcol, non provano davvero più piacere nel bere. Sembra che bevano di più perché sentono il bisogno di mantenere lo stato di ebbrezza», spiega Grant.
La procedura proposta per il trattamento dell’alcolismo è già utilizzata in pazienti adulti con malattia di Parkinson e nei bambini affetti da una rara malattia genetica nota come carenza di L-aminoacido decarbossilasi aromatico che, tra gli altri sintomi, causa difficoltà di movimento.
Questo trattamento, avvertono i ricercatori, altera permanentemente il cervello attraverso un intervento chirurgico, quindi la terapia andrebbe limitata alle forme più gravi di disturbo da uso di alcol. «Sarebbe più appropriata per le persone che hanno già dimostrato di non rispondere a tutti i tradizionali approcci terapeutici e che rischiano di provocare gravi danni all’organismo o di danneggiare se stessi o gli altri fino anche a morire o uccidere a causa del bere», conclude Grant.