Così i virus dell’influenza “hackerano” le cellule per infettarle
Un team dell'Università di Ginevra ha scoperto che il virus dell'influenza A sfrutta il meccanismo di trasporto del ferro per avviare il suo ciclo di infezione. Inibendo il recettore coinvolto, la capacità di invadere le cellule diminuisce notevolmente
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I virus dell’influenza sono degli abili hacker, sanno come introdursi abusivamente nei luoghi off limits aggirando le difese. Fino a qui, nulla di nuovo. Alcuni “trucchi” per infettare le cellule sono già noti. Ma non tutti. Ora si scopre che è grazie a una porta di ingresso sfruttata in maniera clandestina che i microbi riescono a penetrare nelle cellule ed infettarle. A svelare un meccanismo chiave del processo di infezione dei virus influenzali A e B sono stati i ricercatori dell’università di Ginevra che su Pnas descrivono i dettagli del processo finora sconosciuto. «Sapevamo già che il virus dell'influenza A si lega alle strutture zuccherine sulla superficie cellulare per poi scivolare lungo la superficie cellulare fino a trovare un punto di ingresso adatto nella cellula ospite. Tuttavia, non sapevamo quali proteine sulla superficie della cellula ospite rappresentassero questo punto di ingresso e in che modo favorissero l'ingresso del virus», spiega Mirco Schmolke, a capo dello studio.
Gli scienziati hanno ripercorso la parte già nota della strategia adottata dal virus per entrare nelle cellule e hanno poi proseguito l’indagine individuando un nuovo passaggio cruciale del ciclo dell’infezione. È risaputo che il microrganismo utilizza una glicoproteina, chiamata emoagglutinina, per aderire alla cellula da infettare. Partendo da lì, i ricercatori hanno per prima cosa mappato tutte le proteine della superficie cellulare presenti in prossimità dell'emoagglutinina virale, identificandone una particolarmente coinvolta nel processo infettivo: il recettore 1 della transferrina. Questa proteina agisce come una porta girevole che trasporta le molecole di ferro, essenziali per molte funzioni fisiologiche, all'interno della cellula. Ebbene, gli scienziati hanno ipotizzato che il virus dell'influenza sfrutti il continuo movimento circolare del del recettore 1 della transferrina per entrare nella cellula e infettarla.
«Per confermare la nostra scoperta, abbiamo ingegnerizzato geneticamente cellule polmonari umane per rimuovere il recettore 1 della transferrina o, al contrario, per sovraesprimerlo. La sua eliminazione nelle cellule normalmente suscettibili all’infezione ha impedito l'ingresso del virus influenzale A. Al contrario, la sovraespressione in cellule normalmente resistenti all’infezione ha facilitato l’infezione», spiega Béryl Mazel-Sanchez, primo autore della ricerca.
Gli esperimenti sono stati eseguiti su cellule polmonari umane, su campioni di tessuto polmonare umano e su topi affetti da diversi ceppi virali. In tutte le circostanze l’inibizione del recettore 1 della transferrina bloccava l’infezione a monte, mentre la sovraespressione facilitava l’ingresso del virus.
Oltre al recettore 1 della transferrina, gli scienziati hanno identificato all’incirca 30 proteine con un potenziale ruolo nel processo di infezione del virus dell’influenza A. È infatti probabile che il virus utilizzi una combinazione di altri recettori. «Sebbene siamo ancora lontani da un'applicazione clinica, l’inibizione del recettore 1 della transferrina potrebbe diventare una strategia promettente per il trattamento delle infezioni da virus dell'influenza negli esseri umani e potenzialmente negli animali», concludono i ricercatori.