Per la diagnosi di Tbc basterà un test delle urine

Innovazione

Per la diagnosi di Tbc basterà un test delle urine

di redazione
Il test sfrutta la capacità di alcune nanoparticelle di catturare componenti del Bacillo di Koch

Presto potrebbe bastare un semplice esame delle urine per ottenere velocemente una diagnosi affidabile di tubercolosi. 

Ricercatori afferenti a diverse istituzioni in Italia (l’Istituto superiore di sanità), USA, Australia, Perù e UK hanno infatti dimostrato l’efficacia di una tecnica che sfrutta  innovative nanoparticelle nel misurare nelle urine dei pazienti affetti da tubercolosi alcuni dei componenti strutturali o secretori del Mycobacterium tuberculosis, il batterio responsabile della TBC. 

Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine.

«Le condizioni ottimali per l’esecuzione del test sono già state messe a punto e, in particolare, è stato realizzato un prototipo di test rapido simile a un test di gravidanza, che permette di determinare differenti biomarcatori di infezione tubercolare», ha spiegato Roberto Nisini ricercatore del dipartimento Malattie infettive (Immunologia) dell’Istituto superiore di sanità e uno tra gli autori dello studio. «Si può quindi prevedere un rapido trasferimento della tecnologia alla pratica clinica che contribuisce a colmare un gap diagnostico e offre nuove prospettive nel controllo della Tbc, particolarmente utile nei paesi in via di sviluppo in cui un test semplice, economico e non invasivo come quello proposto potrebbe contribuire alla limitazione della diffusione della Tbc e al controllo dell’efficacia della terapia».

Benché sia una malattia molto diffusa (colpisce ogni anno 8 milioni di persone), la diagnosi di tubercolosi non è per niente semplice. 

Gli attuali metodi diagnostici per lo screening della Tbc (test di Mantoux o il test IGRA) sono basati sulla valutazione della risposta immunitaria del paziente e hanno diverse lacune: identificata la risposta immunitaria non dicono se si tratta di una forma attiva di Tbc o di un’infezione tubercolare latente; sono poco efficaci in caso di immunodeficienze; il test Mantoux, poi, tende a produrre molti falsi positivi (è poco specifico), mentre quello IGRA è molto costoso. 

D’altra parte, ottenere una diagnosi tramite l’identificazione diretta del batterio è ancora più difficile: è possibile farlo soltanto in alcune forme di Tbc polmonare. Inoltre, anche quando è possibile, la coltura del batterio richiede vari giorni prima della risposta. 

Ora, questo lavoro, al cui finanziamento hanno contribuito fra gli altri il ministero della Salute e la Bill & Melinda Gates Foundation, promette di cambiare presto le cose. 

Si basa sull’utilizzo di nanoparticelle capaci di catturare particelle che si sono staccate o sono state secrete dal bacillo di Koch (nello specifico il lipoarabinomannano e la proteina ESAT-6) e di proteggerle dalla degradazione. Così incapsulate le componenti del batterio sono rinvenibili nei liquidi biologici, specie nell’urina, e possono consentire di giungere alla diagnosi della malattia. Inoltre, lo studio mostra che esiste una correlazione tra la quantità di particelle nelle urine e la severità della malattia.

Messa a punta il meccanismo di base, la realizzazione concreta del test non sembra ai ricercatori così difficile. Inoltre, la tecnica potrebbe essere utilizzata anche per altre malattie infettive.