Esiste una forma di sclerosi laterale amiotrafica genetica che colpisce i bambini
I sintomi sono gli stessi: atrofia muscolare, paralisi, difficoltà respiratoria. Ma insorgono a 4 anni e progrediscono lentamente, al contrario di quanto accade normalmente. Per questo la malattia misteriosa non era stata associata alla Sla. Ora si scopre che esiste una Sla genetica pediatrica
Claudia Digregorio, una ragazza pugliese affetta da una malattia neurodegenerativa misteriosa, è stato il primo caso di cui si sono occupati i ricercatori dei National Institutes of Health e dell’Uniformed Services University (USU). Ne sono seguiti altri 10. Tutti pazienti in età pediatrica, costretti su una sedia a rotelle, capaci di respirare solo grazie a un tubo introdotto nella trachea. Ora la loro patologia è stata riconosciuta e descritta su Nature Medicine. Si tratta di una particolare forma genetica di sclerosi laterale amiotrofica causata da un difetto del gene SPTLC1, coinvolto nel sistema di produzione del grasso corporeo. Alcuni dati preliminari suggeriscono che silenziando l’attività di questo gene si possa combattere questo particolare tipo di Sla.
Normalmente la sclerosi laterale amiotrofica colpisce individui in età adulta, tra i 50 e i 60 anni, e progredisce velocemente portando alla morta in pochi anni. Negli 11 “pazienti misteriosi” invece i sintomi della malattia, paralisi e atrofia muscolare, del tutto compatibili con la Sla, insorgevano durante l’infanzia intorno ai 4 anni e peggioravano più lentamente permettendo di vivere dai 5 ai 20 anni di più rispetto agli adulti. Per questo è stato così difficile capire di quale malattia soffrissero i giovani pazienti.
«Questi giovani pazienti avevano molti dei problemi del motoneurone superiore e inferiore che sono indicativi della Sla. Ciò che ha reso unici questi casi è stata la precoce età di esordio e la più lenta progressione dei sintomi. Il che ci ha portato chiederci cosa ci fosse alla base di questa forma distinta di malattia», ha detto Payam Mohassel, ricercatore clinico del NIH e autore principale dello studio.
Il gruppo di ricercatori americani guidato da Carsten Bönnemann del National Institute of Neurological Disorders and Stroke (NINDS) ha utilizzato tecniche avanzate di analisi genetica basate sullo studio degli esosomi, le sequenze di DNA che contengono le istruzioni per produrre le proteine.
Dalle analisi genetiche è emerso che che gli 11 pazienti condividevano le stesse variazioni nella sequenza del Dna del gene SPTC1 responsabile della produzione di un tipo di grassi chiamati sfingolipidi. I ricercatori hanno scoperto che i pazienti con la mutazione del gene avevano livelli di sfingolipidi eccessivamente elevati, un dato indicativo di una iperattività del gene. Inoltre la mutazione impediva a una proteina chiamata ORMDL di inibire l’attività di SPT.
«I nostri risultati suggeriscono che questi pazienti con Sla vivono essenzialmente senza un freno all'attività di SPT. SPT è controllato da un circuito di feedback. Quando i livelli di sfingolipidi sono alti, le proteine ORMDL si legano e rallentano l’attività di SPT. Le mutazioni presenti in questi pazienti mandano in sostanza in cortocircuito questo processo di feedback. Abbiamo pensato che ripristinare questo freno potrebbe essere una buona strategia per il trattamento di questo tipo di Sla», suggeriscono i ricercatori.
I ricercatori sperano di mettere a punto una tecnica di silenziamento genico di precisione per trattare i pazienti con questo tipo di SLA.