Passi avanti nel trattamento del tumore della tiroide 

Lo studio

Passi avanti nel trattamento del tumore della tiroide 

di redazione

È stata individuata una vulnerabilità nel metabolismo delle cellule tumorali di carcinomi tiroidei che potrebbe aprire la strada a nuovi approcci terapeutici. La scoperta, descritta sul British Journal of Cancer, si deve a un gruppo di ricerca dell’Istituto di genetica e biofisica "Adriano Buzzati-Traverso” del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Cnr-Igb).

Per la precisione, lo studio riguarda i tumori papillari e anaplastici tiroidei con una mutazione nell’oncogene BRAF che è responsabile della produzione di un enzima che controlla la proliferazione cellulare. 

Le mutazioni nell’oncogene BRAF determinano in genere una maggiore aggressività e una ridotta risposta alla terapia farmacologica. La responsabilità potrebbe essere di una differente modalità delle cellule tumorali di "riprogrammare" il proprio metabolismo. Pertanto, comprendere gli effetti della riprogrammazione metabolica sulle proprietà tumorali delle cellule e individuare nuovi trattamenti più efficaci e specifici rappresentano delle priorità per la cura di questi tumori. 

«Lo studio ha evidenziato che, in presenza di mutazioni nell’oncogene BRAF, le cellule tumorali subiscono una riprogrammazione di alcuni processi metabolici fondamentali, ad esempio la glicolisi, aprendo la via a nuove interessanti possibilità terapeutiche», spiega Valerio Costa che ha coordinato il progetto. L’identificazione di questa nuova vulnerabilità metabolica delle cellule tumorali è stata possibile grazie alla combinazione di diversi approcci sperimentali, sia di biologia computazionale sia cellulare e molecolare. 

«Partendo dall’analisi di diversi set di dati ‘omici’, provenienti cioè da esperimenti di genomica, trascrittomica, epigenomica, metagenomica, metabolomica e proteomica, disponibili nelle banche dati pubbliche, abbiamo identificato un insieme di geni coinvolti in processi metabolici e attivati in maniera anomala in questi tipi di tumori. Inoltre, abbiamo valutato, in diversi tipi di cellule in coltura, la possibilità di utilizzare i prodotti di tali geni come possibili nuovi bersagli molecolari», aggiungono Marianna Aprile e Simona Cataldi del Cnr-Igb, prime due autrici dell’articolo. I ricercatori hanno utilizzato la strategia nota come “drug-repositioning” che consiste nel riposizionamento di farmaci già approvati per nuove applicazioni terapeutiche. 

«abbiamo verificato che la combinazione tra inibitori della proteina B-RAF mutata, BRAFi, attualmente in uso per il trattamento di tumori tiroidei anaplastici, e il diclofenac, un anti-infiammatorio non steroideo, è in grado di rallentare il metabolismo e la proliferazione delle cellule tumorali», precisa Costa. 

I tumori tiroidei papillari in stadio avanzato e quelli anaplastici con mutazioni a carico dell’oncogene BRAF mostrano una ridotta risposta ai farmaci attualmente in uso, spesso collegata all’insorgenza di fenomeni di resistenza. I risultati di questo studio potrebbero quindi avere particolare rilevanza per il trattamento di queste forme di cancro. 

Lo studio è stato sostenuto da Fondazione Airc per la ricerca sul cancro e al programma operativo POR FESR Campania 2014-2020.