Staminali intelligenti direttamente nel cervello
Una nuova strategia terapeutica per alcune malattie rare (e forse per le malattie neurodegenerative)
Prelevare le cellule staminali ematopoietiche malate dal midollo osseo del paziente; correggere in laboratorio il difetto genetico e trapiantarle nuovamente. Non endovena, come avviene spesso, ma direttamente nel cervello, nei cosiddetti ventricoli cerebrali, delle cavità poste in profondità nel cervello nelle quali circola il liquor cerebrospinale. Qui, le cellule staminali sono in grado sia di produrre le sostanze carenti o assenti a causa della patologia sia di trasformarsi in cellule della microglia, una famiglia di cellule del sistema immunitario deputata alla difesa del sistema nervoso coinvolte in numerose patologie.
È questa la procedura realizzata per la prima volta da ricercatori dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget) dell’Ospedale San Raffaele e del Boston Children’s Hospital/Dana Farber Cancer Institute di Harvard coordinati da Alessandra Biffi, che supervisiona un’unità di ricerca presso SR-Tiget ed è direttrice del Gene therapy program del Boston Children’s/Dana Farber Cancer Institute di Harvard.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Science Advances.
Quando salta un enzima - In molte malattie neurodegenerative le cellule della microglia giocano un ruolo fondamentale.
È il caso, per esempio, delle malattie da accumulo lisosomiale, un insieme eterogeneo di malattie metaboliche ereditarie in cui, a causa di una mutazione genetica, le cellule non producono alcuni enzimi necessari al loro metabolismo. Nei pazienti affetti da queste malattie si manifestano danni a carico di diversi organi e tessuti, tra cui il sistema nervoso centrale, con conseguenze neurologiche importanti.
Per alcune di esse sono disponibili trattamenti che prevedono la somministrazione dell’enzima mancante nel sangue dei pazienti. Si tratta però di approcci inefficaci nei casi in cui vi sia una manifestazione nervosa: a causa della barriera emato-encefalica l’enzima non riesce infatti a raggiungere il cervello, dove la neurodegenerazione prosegue indisturbata.
La strada della terapia genica - Da tempo Alessandra Biffi e il suo gruppo lavorano su queste malattie. Alcuni anni fa la ricercatrice aveva collaborato con il direttore dell’SR-Tiget Luigi Naldini alla messo a punto un protocollo di terapica cellulare e genica per il trattamento della leucodistrofia metacromatica (una malattie da accumulo lisosomiale neurodegenerativa).
La procedura prevede che le cellule staminali del sangue vengano prelevate dal midollo del paziente, corrette geneticamente per produrre di nuovo l’enzima e infuse nuovamente nel sangue. Le cellule ematopoietiche così corrette raggiungono il cervello attraverso il sangue e lì rilasciano la proteina corretta che viene "raccolta" dalle cellule nervose circostanti e può svolgere l’azione terapeutica.
Nel 2013 erano stati pubblicati su Science i risultati straordinari dell’applicazione della tecnica sui primi 3 bambini. La sperimentazione è ancora in corso con ottimi risultati, ma la tecnica presenta una lacuna: perché la strategia funzioni è necessario giocare d’anticipo: le cellule necessitano infatti di tempo per raggiungere il cervello e attecchire. Ecco perché i pazienti che oggi possono essere trattati con la terapia genica sono solo quelli ancora asintomatici.
La cura direttamente a destinazione - Ora, con il lavoro appena pubblicato su Science Advances, il gruppo ha fatto un passo avanti decisivo. «Trapiantare le cellule nei ventricoli cerebrali accelera il processo di attecchimento e potrebbe diventare un’opzione terapeutica valida anche per chi mostra già i primi sintomi», spiega Alessandra Biffi.
Non solo. «I nostri dati dimostrano anche, per la prima volta, che le staminali del sangue trapiantate sono in grado di differenziarsi in cellule del tutto simili alla microglia e che rimangono in modo esclusivo nel sistema nervoso centrale».
Ciò significa che questo tipo di trapianto permette di generare in modo rapido una popolazione di cellule geneticamente corrette esclusivamente nel tessuto nervoso malato che possono svolgere tempestivamente la loro azione terapeutica.
Una strategie che potrebbe consentire di curare i pazienti con leucodistrofia metacromatica già sintomatici, ma che apre anche la strada alla possibilità di trattare molte malattie neurodegenerative.
Lo studio è stato finanziato dalla Comunità Europea, dal Ministero della Salute italiano, dalla Fondazione Telethon e dal Boston Children’s Hospital.