Lo stress paralizza le cellule immunitarie compromettendo le difese dell’organismo

Lo studio

Lo stress paralizza le cellule immunitarie compromettendo le difese dell’organismo

Un nuovo studio su Immunity ricostruisce nei topi il meccanismo con cui lo stress indebolisce il sistema immunitario. I segnali del sistema nervoso simpatico innescano un processo che blocca il movimento dei leucociti indispensabile per la ricerca degli agenti patogeni

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Immagine: Forth With Life, CC BY 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by/2.0>, via Wikimedia Commons
di redazione

Lo stress paralizza la cellule immunitarie indebolendo le difese dell’organismo. Il neurotrasmettitore noradrenalina, rilasciato in seguito a esperienze traumatiche fisiche o psichiche, inibisce il movimento di diversi globuli bianchi in differenti tessuti. Succede nei topi e non è ancora chiaro se accada lo stesso negli esseri umani, ma gli autori di uno studio pubblicato su Immunity sono convinti che valga la pena indagare. 

«Abbiamo scoperto che lo stress può indurre le cellule immunitarie a smettere di muoversi impedendo di innescare le difese dalle malattie.  Questa è una novità perché non si sapeva finora che i segnali di stress possono impedire alle cellule immunitarie di muoversi nel corpo e svolgere il loro lavoro», afferma Scott Mueller dell'Università di Melbourne del Peter Doherty Institute for Infection and Immunity (Doherty Institute), autore senior dello studio. 

Uno dei principali ruoli del sistema nervoso simpatico è quello di coordinare la risposta “combatti o fuggi” (fight-or-flight) in condizioni stressanti o pericolose. 

Molti tessuti dell’organismo umano e animale, tra cui i linfonodi e la milza, sono innervati di fibre del sistema nervoso simpatico. Cosa succede quando il sistema nervoso simpatico si attiva in risposta allo stress? 

I ricercatori avevano il sospetto che i segnali inviati dai nervi potessero modificare il movimento dei linfociti T, tra le principali cellule del sistema immunitario, compromettendo l’efficacia delle difese immunitarie. Per verificare la validità della loro ipotesi, gli scienziati hanno monitorato la mobilità dei linfociti T nei linfonodi dei topi esposti alla noradrenalina ricorrendo a tecniche avanzate di imaging. Ebbene, nel giro di pochi minuti le cellule immunitarie precedentemente in rapido movimento si fermano e “incrociano le braccia” (ossia ritirato le protrusioni che gli permettono di agganciarsi alle cellule nemiche).

Lo stesso accade per altri tipi di cellule immunitarie, come i linfociti B e le cellule dendritiche. Anche queste cellule che sono solitamente in moto nei tessuti della pelle o del fegato, quando sono sotto stress si fermano.

Se le cellule immunitarie interrompono il loro abituale giro di perlustrazione in cerca di agenti patogeni le probabilità di combattere un’infezione o una patologia come un tumore si riducono notevolmente.

Tutto questo processo avviene molto in fretta, ma sembrerebbe reversibile. I segnali di stress funzionerebbero come un interruttore che spegne all’improvviso le cellule immunitarie, ma l’effetto è transitorio, della durata di circa 45-60 minuti. 

Ma perché le cellule immunitarie smettono di muoversi? Tra le ipotesi al vaglio dei ricercatori la più convincente sembra quella meccanica: il sistema nervoso centrale sotto stress provoca una costrizione dei vasi sanguigni con conseguente riduzione del flusso sanguigno e un minore apporto di ossigeno ai tessuti che si traduce in aumento del segnale del calcio nei leucociti che gli impedisce di muoversi. 

I ricercatori hanno raccolto dagli esperimenti sugli animali prove che dimostrano la fondatezza della loro ipotesi. Per esempio un trattamento che attiva il sistema nervoso simpatico ha bloccato rapidamente i movimenti dei linfociti T e delle cellule dendritiche nei topi infettati dal virus herpes simplex 1 riducendo la risposta immunitaria all’infezione.. Effetti simili sono stati osservati nei topi con melanoma e nei topi infettati da un parassita malarico. Anche quando la noradrenalina veniva somministrata per via endovenosa come accade nel trattamento dello shock settico, le cellule immunitarie si bloccavano. Il che suggerirebbe che la terapia a base di noradrenalina possa compromettere l’azione dei leucociti. «I nostri dati suggeriscono che l’attività del sistema nervoso simpatico nei tessuti potrebbe avere un impatto sugli esiti immunitari in diverse malattie», dicono i ricercatori. 

Potrebbe darsi che i farmaci che agiscono sul sistema nervoso simpatico come i beta-bloccanti possano limitare i danni dello stress sul sistema immunitario. Ma è un’ipotesi che andrà verificata con studi mirati.