Tumore del polmone: l’immunoterapia si rivela efficace anche nella “vita reale”

Lo studio

Tumore del polmone: l’immunoterapia si rivela efficace anche nella “vita reale”

di redazione

L’immunoterapia con durvalumab può essere efficace nel controllo del tumore del polmone anche in pazienti non “selezionati”, cioè nella pratica clinica quotidiana. È quanto emerge dai risultati di PACIFIC R, lo studio di real life che ha arruolato circa 1.400 persone con carcinoma polmonare non a piccole cellule in stadio III non resecabile. Sono stati coinvolti 290 centri di 11 Paesi, tra cui l’Italia con 116 pazienti. PACIFIC R ha evidenziato una sopravvivenza libera da progressione con durvalumab di circa 22 mesi. Buona la tollerabilità: solo il 16% dei pazienti è stato costretto a interrompere il trattamento a causa di un evento avverso e il 27% per progressione della malattia.

Nel 2020 in Italia sono stimati circa 41 mila nuovi casi di carcinoma polmonare, l’85% dei quali nella forma non a piccole cellule. Un terzo di questi pazienti riceve la diagnosi di malattia in stadio III. Lo scorso giugno, al Congresso della American Society of Clinical Oncology (ASCO) erano stati evidenziati, nell’aggiornamento dello studio PACIFIC, i benefici di sopravvivenza ottenuti da durvalumab, con il 43% dei pazienti vivi a cinque anni. Dal Congresso della European Society for Medical Oncology (ESMO), che si è svolto lo scorso settembre, è arrivata poi una nuova importante evidenza. I vantaggi dell’immunoterapia non si limitano alle sperimentazioni cliniche controllate, ma sono riscontrabili concretamente nella vita reale.

«Si tratta di dati significativi – commenta Diego Signorelli, oncologo all’ospedale Niguarda di Milano - che evidenziano le importanti implicazioni dell’immunoterapia a vantaggio di una categoria particolare di pazienti che, sebbene candidata alla guarigione, per lungo tempo non ha beneficiato di nuove opportunità terapeutiche. PACIFIC R ha permesso di confermare il ruolo di durvalumab come gold standard anche nella pratica clinica quotidiana, quindi in una popolazione di pazienti non selezionati con criteri rigidi come quelli adottati nello studio registrativo».

Un aspetto su cui lo studio PACIFIC «invita a riflettere – sottolinea Signorelli - è la necessità che i pazienti con carcinoma polmonare localmente avanzato siano valutati sin dalla diagnosi nell’ambito di una équipe multidisciplinare. Accanto all’oncologo è centrale la presenza di figure come quella del chirurgo toracico, del radioterapista, del radiologo, del medico nucleare, dello pneumologo, dell’anatomo-patologo. La multidisciplinarietà ha migliorato il trattamento dei pazienti affetti da tumore al polmone – conclude - e, specialmente nella malattia in fase localmente avanzata, è indispensabile per garantire il miglior percorso di cura».