Covid-19. La pandemia ci sta facendo dimenticare delle persone affette da autismo

L’indagine

Covid-19. La pandemia ci sta facendo dimenticare delle persone affette da autismo

Uno studio dimostra che quasi ovunque in Europa le persone con autismo non sono state considerate una priorità nelle politiche di gestione della pandemia. I servizi di assistenza sono stati interrotti e non è stato stabilito un accesso prioritario ai test diagnostici

Autistic_Mind_3.png

Immagine: MissLunaRose12, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons
di redazione

Invisibili, o quasi. Durante la pandemia le persone affette da autismo in Europa sono rimaste nell’ombra. Nonostante siano particolarmente a rischio di sviluppare complicanze in caso di Covid-19, nessuno si è preoccupato di garantirgli una maggiore protezione. Per esempio non hanno ottenuto (o lo hanno ottenuto molto in ritardo) un accesso prioritario ai test diagnostici. È quanto emerge da un’indagine pubblicata su BMJ Open. «Non abbiamo identificato alcuna guida aggiuntiva pubblicata, o strategie specifiche per migliorare l'accessibilità dei test per le persone con autismo in nessun paese esaminato in questo studio», è il commento laconico degli autori. 

I ricercatori hanno analizzato le politiche sanitarie adottate durante la pandemia in 15 Paesi europei tra marzo e luglio 2020 (Spagna, Italia, Grecia, Paesi Bassi, Svizzera, Francia, Regno Unito, Germania, Malta, Belgio, Lussemburgo, Austria, Irlanda, Polonia e Portogallo) intevistando 1300 persone con autismo e i loro caregiver. 

La dimenticanza è stata pressoché unanime. Nessun Paese ha teso una mano alle persone con autismo durante i primi mesi dell’emergenza sanitaria facilitando l’accesso ai servizi diagnostici o alle cure. 

I ricercatori sottolineano che si tratta di un atteggiamento inspiegabile dato che tra il 5 e il 25 per cento delle persone con autismo viveva in strutture di assistenza dove i contagi erano particolarmente elevati nella prima ondata della pandemia. 

Anche nei Paesi che avevano dimostrato una certa sensibilità nei confronti delle categorie a rischio, non sono mai state fornite indicazioni particolari per le persone con autismo che vivevano in centri di assistenza.  I ricercatori non hanno trovato traccia nelle linee guida adottate in Europa per far fronte alla pandemia di riferimenti specifici alle persone affette dal disturbo del neurosviluppo. 

Alle strutture sanitarie che effettuano i tamponi non sono mai state fornite indicazioni sul modo più indicato con cui svolgere i test in persone fragili e sensibili al contatto fisico. I ricercatori sospettano inoltre che le persone con autismo siano penalizzate anche sul fronte delle cure in caso si ammalino di Covid. In molti Paesi, Italia compresa, il protocollo clinico prevede che i pazienti affetti da autismo vengano seguiti dallo staff dei reparti di neurologia o neuropsichiatria. Il che da una parte può avere dei vantaggi, tra cui la possibilità di accesso di famigliari al reparto ospedaliero. Ma il timore è che le cure siano meno specifiche ed efficaci. 

Infine, circa il 70 per cento delle persone con autismo sono state private dell’assistenza standard a causa delle interruzioni dei servizi durante il periodo più critico della pandemia.

Circa un terzo degli intervistati ha affermato di aver bisogno di un’assistenza quotidiano (35%) e un altro terzo ha affermato di aver bisogno di un sostegno occasionale per le attività della vita quotidiana (33%).

«Considerando questi problemi, la nostra prima raccomandazione per una strategia europea allineata per rispondere alla pandemia è che, nel caso di scarsità dei test, le persone con autismo dovrebbero avere diritto a un accesso prioritario se vivono in contesti ad  alto rischio», concludono i ricercatori.