Lockdown differenziato e vaccinazione attenta a salute e Pil
Superata la fase di emergenza più acuta e messe in sicurezza le categorie più fragili ed esposte al virus, per uscire dalla crisi da Covid 19 è necessario mettere in campo interventi guidati dall’analisi dei dati e delle evidenze, che sappiano bilanciare nel tempo e nello spazio gli sforzi per la campagna vaccinale e quelli per l’adozione di misure di contenimento della pandemia.
Sono queste le principali evidenze dello studio condotto da Antonio Scala, presidente della Big Data in Health Society (BDHS) e ricercatore dell'Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche, pubblicato su Scientific Reports di Nature. La ricerca è stata presentata mercoledì 13 aprile in una conferenza online nel corso della quale è stato presentato anche un altro lavoro, realizzato dai ricercatori dell’Imt, la scuola di Alti studi “Istituzioni mercati tecnologie” di Lucca.
«In generale - spiega Scala - data la qualità dei dati a disposizione e la mancanza di comprensione di tanti aspetti del Covid-19, dobbiamo pensare ai modelli non come oracoli predittivi, ma come qualcosa che ci aiuti a capire le reazioni di un sistema complesso alle azioni che vengono effettuate. Ad esempio, anticipare un lockdown in una Regione abbassa certamente l’impatto dell’epidemia, ma la rende più fragile a riaperture prima di avere i vaccini. Si ha una popolazione sana, ma “in prigione” e senza capacità di produrre».
In ogni caso, secondo il presidente della BDHS quelle di lockdown «sono misure estreme che vanno evitate, quando possibile, per i loro impatti sia sull’economia che sulla salute mentale dei cittadini. Se dovessero essere ancora necessarie in futuro, sarebbe fondamentale sviluppare prima un’infrastruttura per il contact tracing in modo da fare interventi “targettizzati”. Un tale approccio – aggiunge - pur non dimostrando spesso di essere in grado di smorzare i focolai sul nascere, permetterebbe di minimizzare quantomeno gli impatti economici anche in una fase successiva in cui non ci fossero focolai isolati, ma una diffusione più ampia di un’epidemia».
«Tra individui paragonabili per condizioni di salute e profilo demografico - sostiene Angelo Facchini, ricercatore dell'Imt - sarebbe consigliabile vaccinare con priorità chi non può telelavorare ed è sottoposto a cassa integrazione. In questo modo, sarebbe possibile riallocare i fondi destinati alla cassa integrazione o nel supporto di altri bisogni di cura e assistenza».
Dal punto di vista economico, prosegue Facchini, «chi telelavora incide in maniera diversa sulla mobilità» e l'analisi del gruppo dell'Imt rileva che «per ogni punto percentuale di contrazione della mobilità, la mortalità calava mediamente dello 0,5 per cento, mentre i fondi economici destinati alla cassa integrazione aumentavano allo stesso tempo del cinque per cento». Nel lavoro del gruppo dell'Imt, «abbiamo anche dimostrato chiaramente come la riduzione della mobilità abbia inciso sulla mortalità, specialmente nel Nord Italia – precisa Facchini - dove il lockdown di marzo è stato davvero significativo per abbassare le curve dei decessi. Rimodulare le priorità di vaccinazione sulla base del rischio disoccupazione potrebbe consentire una categorizzazione dei soggetti che potrebbero incidere maggiormente in modo positivo sull’economia. Il nostro messaggio è questo – conclude - e speriamo che le decisioni in merito di campagne di vaccinazione tengano conto della difesa del lavoro e dell’economia».