Oncologi, cardiologi e ematologi: «No alla conversione di terapie intensive cardiologiche in reparti Covid»

La denuncia

Oncologi, cardiologi e ematologi: «No alla conversione di terapie intensive cardiologiche in reparti Covid»

di redazione

«Denunciamo la gravissima situazione che si sta determinando negli ospedali del nostro Paese a danno dei pazienti cardiologici a causa della pandemia. Dalla Lombardia alla Sicilia vengono ridotti i posti letto cardiologici per fare posto ai pazienti Covid, addirittura vengono chiuse intere unità di terapia intensiva cardiologica e convertite in terapie intensive per pazienti Covid».

È l'allarme lanciato dalla Foce, la Federazione degli oncologi, cardiologi e ematologi.

Durante la prima ondata della pandemia, uno studio della Società Italiana di cardiologia (Sic), condotto in 54 ospedali italiani, ha valutato la mortalità dei pazienti acuti ricoverati nelle Unità di terapia intensiva coronarica (Utic), confrontandola con quella dello stesso periodo dello scorso anno.

«A marzo 2020 – ricorda Ciro Indolfi, vicepresidente Foce e presidente Sic - si è registrata una mortalità tre volte maggiore rispetto allo stesso periodo del 2019, passando al 13,7% dal 4,1 %. Un aumento dovuto nella maggior parte dei casi a un infarto non trattato o trattato tardivamente. La tempestività dell’intervento può fare la differenza fra la vita e la morte. Ogni dieci minuti di ritardo nella diagnosi e nel trattamento di un infarto miocardico grave, la mortalità aumenta del 3% e un intervento successivo ai novanta minuti dall’esordio dei sintomi può addirittura quadruplicare la mortalità. Non possiamo permettere il depotenziamento delle cardiologie ed è necessario ri-organizzare negli ospedali percorsi ad hoc per i pazienti cardiopatici acuti che dal territorio si ricoverano in urgenza».

La Federazione associa medici specialisti «che curano e seguono ogni giorno gli undici milioni di cittadini in Italia colpiti da patologie oncologiche, cardiologiche e ematologiche» sottolinea Francesco Cognetti. presidente di Foce. «Abbiamo il dovere di proteggerli e di garantire loro la continuità dell’assistenza di diagnosi e cura – prosegue - che per queste persone è cruciale e di primaria importanza. Siamo le antenne sul territorio che possono cogliere e denunciare le criticità a loro danno. E assistiamo con grande preoccupazione alla sottrazione di chances di cura, che rischia di vanificare vent’anni di progressi nella riduzione della mortalità».

La Federazione chiede pertanto al Governo «di stilare atti formali di indirizzo e coordinamento, per porre un argine a questa situazione. Uno degli otto punti irrinunciabili per la tutela delle persone con malattie oncologiche e cardiologiche, alla cui realizzazione è chiamato a lavorare il tavolo tecnico fra il Governo e Foce da poco istituito, riguarda proprio la garanzia della piena operatività di tutte le strutture di oncologia medica, cardiologia ed ematologia, anche a livello ambulatoriale».