Otto operatori sanitari su dieci sono stati testimoni di episodi di violenza in ospedale
In Lombardia otto operatori sanitari su dieci hanno subito o assistito ad almeno un episodio di violenza all’interno dell'ospedale.
Questo risulta da una ricerca di Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, svolta con la collaborazione di Elma Research, su un campione di 893 figure ospedaliere lombarde. Dalla ricerca, presentata al IV Congresso nazionale della Fondazione, è emerso che gli episodi di violenza sono prevalentemente di natura verbale sia per le donne (79%) sia per gli uomini (74%), da parte principalmente di pazienti (54%), familiari (39%), caregiver (33%) e anche di colleghi di grado superiore (28%). Non mancano episodi di violenza fisica sia nei confronti degli uomini (29%) sia delle donne (18%), scatenati principalmente dall’agitazione della persona (55%), da problemi psichiatrici (44%) e dalla percezione di una mancata assistenza (27%).
Le conseguenze emotive per le donne sono frustrazione e senso di impotenza, mentre per gli uomini sono rabbia, disagio, disgusto e odio. Gli episodi di aggressione fisica hanno portato inoltre a percepire il luogo di lavoro meno sicuro per la metà delle persone, a sminuire il proprio valore professionale e la propria attività ed efficienza lavorativa per una persona su quattro. Non per nulla, circa il 50% dei medici è interessato a corsi di formazione per imparare a gestire la violenza.
«Pregiudizi di genere e violenza sul posto di lavoro - commenta Francesca Merzagora, presidente di Fondazione Onda - sono le dinamiche più comuni rilevate nei sei ospedali lombardi partner di questo importante progetto regionale che vuole offrire indicazioni e suggerimenti per superare il bias di genere in sanità sensibilizzando le Direzioni ad attivare pratiche virtuose a tutela del proprio personale. La recente approvazione da parte del Senato del disegno di legge 867 – aggiunge - costituisce un primo importante passo in avanti per salvaguardare la sicurezza degli operatori sanitari in prima linea più che mai in questo difficile periodo storico».
Dalla survey è emerso inoltre che, anche in sanità, la differenza di genere nel mondo del lavoro è una tematica ricorrente e rimasta irrisolta. Uno degli aspetti più critici è saper conciliare famiglia e lavoro: se oltre la metà dei papà nel mondo sanitario non ha nessun timore di demansionamento a seguito della genitorialità, per le donne, medico, infermiera o comunque professioniste della salute che operano in ospedale, non si può dire lo stesso. Benché il 70% degli intervistati dichiari che il proprio genere non li abbia penalizzati nella crescita professionale e nelle mansioni svolte, il 44% delle donne, nel momento in cui hanno deciso di avere figli, sono state assalite da ansie e paure temendo per il proprio posto di lavoro. Tornate al lavoro, a conferma di quei timori, il 40% ha ritenuto la propria situazione lavorativa mutata. Penalizzazione della crescita professionale, turni, mansioni svolte e salario, situazione percepita soltanto dal 14% dei papà.
I dati dell’indagine hanno fornito la base per la stesura di un Manifesto che sintetizza le best practice e le raccomandazioni per ridurre le differenze di genere all’interno delle strutture ospedaliere e salvaguardare la sicurezza degli operatori sanitari.