I problemi di privacy sottovalutati della app per la salute

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I problemi di privacy sottovalutati della app per la salute

I dati sensibili non sono protetti e possono essere potenzialmente condivisi. Su 20mila app analizzate sono poche quelle che hanno politiche di privacy trasparenti. E pur avendole spesso non le rispettano. L’indagine sul British Medical Journal

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Immagine: Intel Free Press / Flickr (https://www.flickr.com/photos/intelfreepress/7897620020)
di redazione

Si parte inserendo i dati anagrafici, sesso ed età, si prosegue aggiungendo l’elenco dei sintomi del malessere di turno, le abitudini alimentari, la data del ciclo mestruale, l’ora in cui si va a dormire ecc… In altri casi ci si ferma alle informazioni di partenza e il resto viene registrato  automaticamente, il numero dei passi, i chilometri di corsa, le vasche del nuoto e via dicendo. Sono le immancabili app dedicate al fitness e alla salute che spopolano su smartphone e smartwatch in tutto il mondo. 

Alcune sono più affidabili di altre nel monitoraggio dei parametri clinici e nelle indicazioni diagnostiche, ma tutte, proprio tutte hanno un problema con la privacy. Secondo un’indagine appena pubblicata sul British Medical Journal le app “mobile-Health” sono un libro aperto pieno zeppo di dati sensibili e di informazioni personali sull’utente. Ma chi le scarica spesso non se ne preoccupa.

I ricercatori della Macquarie University in Australia hanno analizzato il livello di privacy offerto da 15mila app gratuite per la salute e il fitness scaricate da Google Play e lo hanno confrontato con quello di 8mila app di tutt’altro altro genere. I risultati dimostrano che le app che monitorano la salute e l’attività motoria in generale raccolgono un numero inferiore di dati personali rispetto alle altre, ma nell’88 per cento dei casi hanno facilmente accesso a una quantità maggiore di informazioni che possono anche condividere. Per esempio, circa due terzi delle app possono raccogliere cookie, un terzo può accedere all'indirizzo email di un utente e circa un quarto può identificare il ripetitore del telefono cellulare a cui è connesso il dispositivo, fornendo potenzialmente informazioni sulla geolocalizzazione dello smartphone. Per lo più a raccogliere i dati personali attraverso le app sulla salute sono tre giganteschi contenitori dello scibile digitale: Google, Facebook e Yahoo!. 

In molti casi, fanno notare i ricercatori, nelle app di salute e fitness manca la trasparenza. Il 28 per cento delle applicazioni non manifesta in maniera esplicita la sua politica sulla privacy e in almeno il 25 per cento dei casi le app non rispettano quanto stabilito nel contratto sull’accesso ai dati personali. Nonostante ciò, solo l’1,3 per cento degli utenti dichiara di essere preoccupato per la violazione della privacy. 

«Questa analisi ha rilevato seri problemi con la privacy e ha messo in luce le politiche di privacy incoerenti nelle app mHealth. I medici dovrebbero essere consapevoli di questi problemi e comunicarli ai pazienti nel momento in cui illustrano i benefici e i rischi delle app sulla salute», scrivono i ricercatori. 

In totale Google Play ed Apple Store hanno un’offerta di circa 5 milioni di app. Di queste quasi 100mila sono dedicate alla salute o al fitness. Le prime prevedono un controllo dei sintomi o il monitoraggio di alcuni parametri clinici, come battito cardiaco o temperatura, e le seconde tengono traccia degli allenamenti indicando progressi o margini di miglioramento. 

«Abbiamo scoperto che la maggior parte delle 20mila app di medicina, salute e fitness analizzate possono potenzialmente condividere dati con terze parti, inclusi servizi pubblicitari e di monitoraggio. Le app hanno raccolto i dati degli utenti per conto di centinaia di terze parti, con un piccolo numero di service che si aggiudicano la maggior parte dei dati raccolti. L'analisi ha anche rivelato che le app erano tutt'altro che trasparenti quando trattavano i dati degli utenti e che solo circa la metà era conforme alle loro politiche sulla privacy dichiarate (quando disponibili)», sintetizzano infine i ricercatori.