Tumori e Covid-19: Oltre 2 milioni di screening in meno nei primi nove mesi del 2020

World Cancer Day

Tumori e Covid-19: Oltre 2 milioni di screening in meno nei primi nove mesi del 2020

di redazione

Nei primi nove mesi dello scorso anno la pandemia ha provocato la riduzione di oltre due milioni (2.118.973) di esami di screening rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. Ritardi che si stanno accumulando e che si traducono in una netta riduzione non solo delle nuove diagnosi di tumore della mammella (2.793 in meno) e del colon-retto (1.168 in meno) ma anche delle lesioni che possono essere una spia di quest’ultima neoplasia (oltre 6.600 adenomi avanzati del colon-retto non individuati) o del cancro della cervice uterina (2.383 lesioni neoplastiche moderate o gravi non diagnosticate).

«Se la situazione si prolunga, diventa concreto il rischio di un maggior numero di diagnosi di cancro in fase avanzata, con conseguente peggioramento della prognosi, aumento della mortalità e delle spese per le cure», avverte Giordano Beretta, presidente dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), intervenendo al convegno sullo Stato dell’Oncologia in Italia, organizzato giovedì 4 febbraio dalla Società scientifica in modalità virtuale in occasione della Giornata mondiale contro il cancro (World Cancer Day).

Il rischio è di compromettere gli importanti risultati che l'oncologia italiana può vantare. Oggi nel nostro Paese sono circa 3,6 milioni (3.609.135, il 5,7% dell’intera popolazione) i cittadini vivi dopo la diagnosi di tumore, con un aumento del 37% rispetto a dieci anni fa. Almeno un paziente su quattro (quasi un milione di persone) è tornato ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale e può considerarsi guarito.

Pur con la pandemia ancora in corso e assicurando la rigorosa separazione tra pazienti Covid e non Covid, per Beretta sono allora necessari «il riavvio immediato degli screening in tutte le Regioni e una loro radicale ristrutturazione, anche con l’acquisto di nuove apparecchiature e l’assunzione di personale». Una parte delle risorse ricavate dal Recovery Fund, chiede il presidente Aiom, «può essere destinata al rafforzamento delle campagne di prevenzione, sia primaria che secondaria. Non solo. Una quota consistente dei finanziamenti dovrebbe essere indirizzata anche al potenziamento della telemedicina e al rafforzamento dell’assistenza domiciliare oncologica, creando percorsi definiti di collaborazione con la medicina di famiglia e con le strutture di cure intermedie».

Tra i numeri del Libro bianco 2020 dell'Aiom sullo stato dell’Oncologia nel nostro Paese si legge tra l'altro che in Italia sono attive 369 Oncologie, l’83% delle quali ha un servizio di supporto psicologico. I percorsi diagnostico-terapeutici e assistenziali (Pdta), essenziali per garantire un’assistenza multidisciplinare, sono stati deliberati dal 93% delle strutture, per un totale di 1.250 documenti, la maggior parte (1.045), dei quali coprono i tumori di mammella, colon-retto, polmone e prostata

Tuttavia «ancora troppo pochi centri, solo il 68%, hanno attivato un percorso di assistenza domiciliare oncologica» osserva Massimo Di Maio, segretario Aiom. «Una forbice – precisa - che si allarga spostandosi lungo la Penisola: al Nord le cure domiciliari sono infatti attivate dal 75% delle strutture rispetto al 58% del Sud».

Nel Convegno è stato presentato anche il documento sul ruolo dell’oncologo, redatto dal gruppo di lavoro di Aiom, Comu (il Collegio degli oncologi medici universitari) e Cipomo (Collegio dei primari oncologi medici ospedalieri). Il Gruppo di lavoro che lo ha realizzato, sottolinea Saverio Cinieri, presidente eletto Aiom, «ha evidenziato alcune carenze anche degli attuali piani formativi. Sono esplicativi i risultati del sondaggio proposto a settembre e ottobre 2020, diretto ai docenti titolari del corso di Oncologia medica nelle diverse Scuole di medicina. È emerso che circa il 50% dei corsi non prevede modalità di lezione con coinvolgimento di più specialisti, nel 20% non è programmato un insegnamento sulle terapie di supporto e nel 30% manca quello sulle cure palliative. Non solo. L’80% dei corsi non include attività formative sull’organizzazione e gestione del Servizio Sanitario. È quindi necessaria - conclude Cinieri - una rivalutazione del “core curriculum” dei corsi di Oncologia medica, per rendere più attuale la formazione, non solo quella universitaria».