L’altruismo è contagioso: chi assiste a una buona azione è spinto a fare altrettanto
Di questi tempi è difficile a credersi, ma non tutto ciò che è contagioso è nocivo. Un gruppo di ricercatori dell’Università del Texas ad Austin ha dimostrato per esempio che l’altruismo si trasmette da un individuo a un altro più facilmente di qualunque malattia infettiva. Né il distanziamento sociale, né le mascherine, né i guanti possono bloccare l’epidemia: basta vedere qualcun altro fare del bene al prossimo per ritrovarsi a voler fare lo stesso, senza neanche sapere il perché.
Il gesto del buon samaritano è più contagioso di qualunque virus conosciuto e fortunatamente è l’unico caso noto di “infezione” attraverso lo sguardo.
I risultati della ricerca pubblicata su Psychological Bulletin confermano quanto già emerso in studi precedenti: l’esposizione al comportamento prosociale, scrivono gli autori dello studio, è una tecnica comunemente usata in vari contesti per favorire la collaborazione all’interno di varie comunità. Gli scienziati hanno voluto tirare le somme di decenni di ricerche sui modelli socio-psicologici basati sul naturale potere di convincimento del buon esempio. E in conclusione, hanno trovato che le azioni più contagiose di tutte sono quelle che vanno a beneficio dell’intera società. Si deduce quindi che il favore fatto all’amico o l’assistenza data a un famigliare non fanno scattare l’emulazione tanto quanto l’aiuto offerto a gruppi di persone disagiate il cui benessere è vantaggioso per l’intera società.
Gli autori dello studio intravedono una prima e immediata possibilità di applicazione della scoperta: vista l’alta contagiosità dell’atteggiamento collaborativo perché non sfruttarla per fermare la pandemia di Covid?
«Proprio come il virus mortale, anche il comportamento cooperativo può essere trasmesso da individui a individuo. Questi risultati ricordano alla popolazione che il comportamento dei singoli può influire su ciò che fanno gli altri; e più individui cooperano per fermare la diffusione della malattia, più è probabile che altri a loro vicini faranno lo stesso», afferma Haesung (Annie) Jung, che ha guidato lo studio presso l'Università del Texas ad Austin.
Esattamente come farebbero gli epidemiologi impegnati a scoprire i meccanismi di contagio di una malattia, anche i ricercatori americani si sono dedicati a ricostruire il processo dell’infezione: come si trasmette l’altruismo? attraverso l’azione pratica o attraverso il principio che la ispira?
Secondo gli scienziati non c’è dubbio: la componente contagiosa è il “far del bene” e non il gesto specifico. Per spiegarci meglio: chi assiste al volontario che porta un pasto caldo a una persona che vive per strada non sarà spinto necessariamente a ripetere la stessa identica azione, ma sarà invogliato comunque a fare del bene in altri modi.
«Abbiamo scoperto che le persone possono mettere in pratica rapidamente nuove forme di azioni prosociali. Impegnandosi in comportamenti diversi da quelli a cui hanno assistito e indirizzando il loro aiuto a obiettivi diversi rispetto a quelli del modello di riferimento», afferma Jung.
Dall’analisi emergono alcune differenze tra Paesi. I più suscettibili al “virus” dell’altruismo sono le popolazioni dell’Asia, seguite da quelle dell’Europa e dell’America del Nord.
I ricercatori hanno anche scoperto che i gesti del buon samaritano sono più contagiosi se rivolti al prossimo piuttosto che a se stessi. Chi ha ricevuto aiuto in prima persona è meno motivato a fare del bene rispetto a chi assiste alle buone azioni rivolte a qualcun altro.
Altruisti si diventa per scelta ma anche per contagio.