Al via una ricerca su tabù e disinformazione sulla sulla sessualità maschile
L’Università di Pavia, con il Dipartimento di Scienze politiche e sociali, e la Società italiana di andrologia e medicina della sessualità (Siams), con il supporto di Cooper Consumer Health, avvianoun progetto di ricerca che coinvolge sia specialisti della salute fisica e mentale, sia persone comuni, per capire a che punto siamo e da dove possiamo partire per scardinare uno dei temi proibiti del nostro tempo.
Dopo 25 anni dalla commercializzazione dei primi trattamenti orali per l’impotenza maschile, questo l'assunto di partenza, di sessualità maschile si parla ancora in maniera sussurrata al proprio medico curante, perché raramente ci si sente a proprio agio e non rappresenta una consuetudine sottoporsi a visite periodiche con uno specialista, come accade per le donne con il ginecologo. Manca un dibattito pubblico aperto che aiuti a scardinare gli stereotipi e i non-valori legati alla virilità tossica, a favore di una nuova relazione fra individui che incentivi il confronto e il dialogo.
«L’obiettivo della ricerca – spiega Flavio Antonio Ceravolo, associato di Sociologia e direttore del progetto di ricerca - è capire come si possa favorire l’accettazione e la presa in carico di un problema di salute sessuale maschile identificando l’origine degli stereotipi machisti che spesso lo impediscono. La salute maschile non deve più essere un tabù, dobbiamo uscire dalle insidie della mascolinità tossica a cui ormai ci siamo abituati».
La salute sessuale maschile «non è appannaggio solo dell’uomo. I partner – sostiene Rossella Nappi, professoressa di di Ostetricia e ginecologia all’Università di Pavia, presidente dell'Associazione dei ginecologi universitari italiani - possono avere due ruoli opposti: vivere il percorso attivamente coinvolti o passivamente trovarsi a subire le conseguenze delle patologie del pene, diventando degli amplificatori dello stress. La differenza sostanziale la fa chiaramente la qualità della relazione. Io mi occupo più da vicino di salute e sessualità femminile da molti anni e dunque mi piace pensare alla partner come una risorsa e non come un ostacolo sottolineando l’importanza della relazione uomo-donna nel percorso di cura. Quanto più è paritetica, tanto più la mascolinità perde quell’impronta scorretta, deviata e tossica che oggi affligge ancora gli uomini nella nostra società. Le partner – aggiunge Nappi - possono essere “combustibili” positivi per avvicinare alla prevenzione e alla cura di disfunzione erettile, eiaculazione precoce e così via, proprio per le caratteristiche specifiche delle donne che sono più abituate a discutere le problematiche intime con il ginecologo e dunque hanno maggiore possibilità di comprendere le responsabilità individuali e di coppia nell’insorgenza dei sintomi sessuali».
La disfunzione erettile, per esempio, è una delle condizioni che fa più paura a un uomo e, anche dal punto di vista sociologico, rappresenta uno scontro diretto con i valori di potenza ed egemonia legati alla mascolinità all’interno del contesto sociale. Una condizione che oggi ha molte alternative mediche per il suo trattamento, già durante le sue prime manifestazioni, come per eempio Eroxon un nuovo trattamento topico per la disfunzione erettile disponibile senza obbligo di prescrizione medica,, che può aiutare ad avere un'erezione in dieci minuti dall’applicazione
«La storia dei trattamenti per l’impotenza – sottolinea infine Emmanuele A. Jannini, professore di Endocrinologia e sessuologia medica Università di Roma Tor Vergata, presidente dell'Accademia italiana della salute della coppia (Aisc) – è lunga quanto il mondo: data da quando l’uomo, scendendo dagli alberi, ha perso l’osso penieno, il baculum. Da allora l’erezione è diventata un’ipotesi, non più una certezza. E i maschi si sono trasformati in incerti cercatori dell’osso perduto: sia esso una pillola o un gel».