Aifa approva la rimborsabilità di ravulizumab per il trattamento della sindrome emolitico-uremica atipica
L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato la rimborsabilità di ravulizumab per il trattamento della sindrome emolitico-uremica atipica, una malattia rara che colpisce più di 600 pazienti in tutta Italia, caratterizza dall’attivazione cronica e incontrollata del sistema del complemento, un componente del sistema immunitario.
«Questa anomalia porta ad uno stato di infiammazione cronica che causa il danneggiamento delle pareti dei vasi sanguigni. Ciò comporta un accumulo di piastrine e leucociti che aumenta enormemente il rischio di formazione di trombi. Il primo organo ad essere danneggiato, di solito, è il rene ma i danni possono estendersi a cuore, polmoni, cervello e sistema gastro-intestinale», spiega Gaetano La Manna, professore Ordinario di Nefrologia presso l’Università di Bologna e Direttore della UO di Nefrologia Dialisi e Trapianto al Policlinico di Sant’Orsola di Bologna. Ravulizumab è un inibitore della proteina C5 del complemento e potrà essere prescritta ai pazienti (adulti o bambini) sia naïve, agli inibitori del complemento, che già trattati con eculizumab (per almeno 3 mesi e che hanno evidenziato una risposta alla cura).
Circa il 50 per cento dei pazienti affetti dalla sindrome necessita di dialisi, soffre di danno renale permanente o va incontro a decesso entro il primo anno. Pur essendo una patologia su base genetica per il 50-70 per cento dei casi (i geni coinvolti sono CHF, CHF3R, MCP, CFI, CFB E CR), per scatenarsi con sintomi evidenti è spesso necessario un evento, tecnicamente chiamato “trigger”, come ad esempio la gravidanza, l’ipertensione maligna, un trapianto d’organo, una malattia renale, una patologia autoimmune, un tumore, un’infezione o l’abuso di alcuni farmaci.
In passato per gestirla si ricorreva allo scambio o all’infusione di plasma ma questa strategia non si è mai dimostrata realmente efficace. «Oggi l’obiettivo primario del trattamento della sindrome consiste nello “spegnimento” del sistema del complemento ed in particolare della proteina C5. Per farlo, sino ad oggi si procedeva alla somministrazione di eculizumab, un anticorpo monoclonale umanizzato inibitore del complemento in grado di bloccare C5. Ora, grazie a ravulizumab, la cura della sindrome compie un ulteriore passo in avanti. La terapia non solo modifica radicalmente la storia naturale della malattia ma migliora sensibilmente la qualità di vita dei malati e dei loro famigliari», aggiunge Gaetano La Manna.
L’anticorpo approvato da AIFA è stato sperimentato in due studi clinici di fase 3 multicentrici. La nuova terapia ha dimostrato un’inibizione immediata, completa e sostenuta di C5 in tutti i pazienti. In particolare, è stata valutata l’efficacia di ravulizumab in termini di risposta al trattamento della microangiopatia trombotica che rappresenta la manifestazione clinica più evidente della malattia.