Una campagna per raccontare i progressi nell’immunologia contro i tumori

Il progetto

Una campagna per raccontare i progressi nell’immunologia contro i tumori

di redazione

È partita da Napoli la campagna di informazione “Lo so anch’io”, realizzata da Bristol Myers Squibb, con la partecipazione di Associazioni di pazienti oncologici e il patrocinio dell'Associazione italiana di oncologia medica (Aiom). Nel capoluogo partenopeo, sabato 13 e domenica 14 maggio, un gazebo ha ospitato rappresentanti delle Associazioni che hanno distribuito materiale informativo ai cittadini; all'interno della struttura, inoltre, una “macchina del tempo” ha mostrato le tappe principali della storia dell’immunoncologia. Lo stesso schema, sostanzialmente, verrà ripetuto a Milano e a Roma nelle prossime settimane.

Il nostro sistema immunitario può essere stimolato a reagire con maggior forza contro i tumori, spiega Paolo Ascierto, direttore dell'Unità di Oncologia melanoma, immunoterapia oncologica e terapie innovative del Pascale di Napoli, «grazie all’utilizzo di anticorpi monoclonali». La strada è stata aperta dal melanoma: prima dell’arrivo di questo approccio innovativo, la speranza di vita dei pazienti con melanoma metastatico era di circa sei mesi e meno del 10% era vivo a cinque anni. Oggi la storia di questo tumore della pelle è cambiata. «In particolare, grazie alla combinazione di due molecole immunoncologiche, nivolumab e ipilimumab, in prima linea nel melanoma metastatico – precisa Ascierto - quasi la metà dei pazienti, il 48%, è vivo a sette anni e mezzo. La duplice immunoterapia evidenzia inoltre un significativo “effetto memoria”: la sua efficacia si mantiene a lungo termine, anche dopo la fine delle cure. L’immunoncologia è lo standard di cura del melanoma non solo in fase metastatica, ma anche nello stadio III e IV resecato, cioè in una fase in cui la malattia è stata completamente asportata. Trattare i pazienti in questo stadio aumenta la possibilità di evitare una recidiva e, quindi, potenzialmente guarire».

La stimolazione del sistema immunitario «è lo standard di cura anche in molte altre neoplasie, dai carcinomi del polmone e del rene, fino a quelli gastrointestinali e al mesotelioma pleurico» interviene Ferdinando De Vita, direttore del Dipartimento Medicina di precisione e professore di Oncologia medica all’Università Luigi Vanvitelli di Napoli. In particolare, l’immunoncologia «ha costituito una vera evoluzione negli adenocarcinomi gastroesofagei in fase avanzata o metastatica, dove, per oltre dieci anni, non ci sono stati progressi e i benefici della chemioterapia sono stati limitati».

Un’indagine su più di 5.500 pazienti, però, ha rilevato che «circa la metà non sa come funziona questa terapia» ricorda Monica Forchetta, presidente dell'Associazione pazienti Italia melanoma (Apaim). L’immunoncologia «ha trasformato le prospettive delle persone colpite da melanoma metastatico – ribadisce - perché oggi in alcuni casi si può parlare di cronicizzazione della malattia. Vanno sensibilizzati anche i cittadini, perché abbiano fiducia nella scienza, nei clinici e nella ricerca. In particolare, è necessario aumentare il livello di consapevolezza dei più giovani».

Grazie all’innovazione, oggi sempre più pazienti possono dire «di aver superato la malattia o convivono con il cancro con una buona qualità di vita» dice Claudia Santangelo, presidente di Vivere senza stomaco (si può). «La ricerca – sottolinea - offre in modo tangibile nuove opportunità di cura e di sopravvivenza» e le Associazioni «hanno anche il compito di sensibilizzare i pazienti e i cittadini» sulla sua importanza «per informarli sulle sperimentazioni cliniche, con la possibilità anche di accedere in anticipo a farmaci innovativi».

Il “viaggio” dell’immunoncologia inizia nei primi del Novecento, con gli studi sul ruolo del sistema immunitario nei tumori. Dopo quasi novant’anni, nel 1992 in Giappone, Tasuku Honjo scopre che una proteina svolge un ruolo importante per il corretto funzionamento del sistema immunitario. Nel 1996, negli Stati Uniti, James P. Allison identifica il meccanismo con cui i tumori spengono la risposta immunitaria. E, nel 2018, il Premio Nobel per la Medicina è assegnato a James P. Allison e a Tasuku Honjo, per i loro studi sui meccanismi che impediscono al sistema immunitario di riconoscere le cellule tumorali.

«Siamo stati pionieri nella scoperta dell’immunoncologia, che ha cambiato la storia naturale di diverse neoplasie e che viene utilizzata non solo nelle forme più avanzate di malattia ma anche negli stadi iniziali, quando il sistema immunitario è potenzialmente più reattivo al trattamento» ricorda Cosimo Paga, Executive Country Medical Director, di Bristol Myers Squibb Italia. «Il nostro obiettivo – aggiunge - è estendere l’efficacia dell’immunoncologia al maggior numero di pazienti per migliorarne la sopravvivenza». Il futuro, prevede ancora Paga, è l’immunoncologia di precisione, quindi la possibilità di predire la sensibilità all’immunoterapia: «Ci stiamo spostando dal modello istologico, cioè dall’organo colpito dalla malattia, all’alterazione molecolare, in grado di predire la risposta dei pazienti al trattamento. Questo modello, definito agnostico, consente di ampliare il numero di pazienti che possono trarre vantaggio da uno specifico approccio terapeutico, indipendentemente dalla localizzazione del tumore».