Cancro. Anche gli screening oncologici diventano di precisione
Potrebbe non essere lontano il giorno in cui l’utilizzo di biomarcatori consentirà di personalizzare e rendere più precisi gli screening oncologici. Un’innovazione che potrebbe cambiare radicalmente non solo il volto degli screening, ma far compiere un notevole passo avanti nella lotta al cancro.
È stato questo uno dei temi dibattuti da esperti e istituzioni a confronto in occasione dell’evento “Tumori e screening in Italia” promosso da ROPI (Rete Oncologica Pazienti in Italia), visibile al sito: www.reteoncologicaropi.it.
«La diagnosi precoce dei tumori permette di ridurre negli anni futuri la mortalità per cancro», spiega la presidente ROPI Stefania Gori. «È quindi necessario aumentare il numero di persone che aderiscono agli screening oggi disponibili, ridurre le differenze interregionali, recuperare gli esami non eseguiti nel 2020 a causa dell'emergenza COVID-19, progettare screening per altre patologie tumorali. Questo ROPI chiede oggi alle Istituzioni, in linea con il Piano Europeo per la Lotta contro il Cancro 2021».
«Oggi è indispensabile lavorare ai biomarcatori dedicati soprattutto a quei tumori per cui ancora non si hanno test di screening consolidati, come per il tumore del seno, del colon-retto o del collo dell’utero, e in cui la diagnosi precoce è più “difficile”, o per le – altrettanto diffusissime – neoplasie della prostata e del polmone, dove ancora non vi sono strumenti adeguati», aggiunge Giovanni Apolone, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale Tumori di Milano. «I dati emersi da recenti trial clinici europei e da studi in corso, attuati anche all’interno del nostro istituto, ci fanno però ben sperare che questo obiettivo sia un traguardo ormai prossimo. Per adeguarci alle nuove esigenze degli screening oncologici, rendendoli strumenti ancora più performanti, dovremo insomma aumentare le ricerche più innovative in grado di identificare biomarcatori sempre più precisi, che si affianchino agli attuali parametri di sesso e età su cui si effettua la selezione del paziente, potenzialmente a rischio».
« Il bisogno di rendere più efficienti ed efficaci gli screening oncologici è divenuto prioritario anche a seguito della pandemia che ne ha provocato un sensibile calo», precisa Paola Mantellini, coordinatore dell’Osservatorio Nazionale Screening. «Nel 2020 sono state recapitate 4 milioni di lettere di invito in meno ai cittadini aventi diritto, ed eseguiti 2,5 milioni di test in meno rispetto al 2019. Tutte le Regioni hanno subito una battuta d’arresto nei mesi di marzo e aprile 2020 e alla ripartenza la maggior parte dei programmi di screening è stata “costretta” a rivedere la propria organizzazione, dalle modalità di invito, alla gestione degli spazi e alle modalità di erogazione dei test/esami di screening».
A questi problemi, si aggiungono anche quelli relativi alle differenze geografiche e di approccio agli screening, che questo periodo non ha certamente migliorato. «Già prima della pandemia una parte della popolazione restava fuori dalla prevenzione secondaria», spiega Maria Masocco, responsabile scientifico del Centro Nazionale per la prevenzione delle malattie e la promozione della salute dell’ISS. «Chi si sottopone agli screening oncologici, a scopo preventivo, nell’ambito dei programmi organizzati o su iniziativa spontanea, non raggiunge, a livello di media nazionale, l’80% della popolazione target, neppure fra quelli più consolidati come lo screening mammografico. Per quello del colon retto, introdotto più recentemente, la copertura totale è al di sotto del 50%. Inoltre vi è una grande distanza fra Nord e Sud, con Regioni del Nord in cui la copertura sfiora il 90% della popolazione target, come accade nello screening mammografico, e Regioni del Sud in cui raggiunge appena il 50%. Un gap determinato fondamentalmente dalla minore offerta dei programmi organizzati nel Sud, talvolta anche da una minore efficacia nel raggiungere la popolazione target, che si aggiunge anche ad un’alta prevalenza di fattori di rischio comportamentali, come sedentarietà, obesità e il fumo in alcune classi di età, che giocano un ruolo fondamentale anche nella genesi dei tumori».
«La prevenzione dei tumori necessita sempre di una appropriata valutazione medica con relativi esami diagnostico-strumentali e dei previsti screening, determinanti per individuare il cancro allo stadio inziale», afferma Francesco Schittulli, presidente Lega Italiana Lotta contro i Tumori (LILT). «È una fase delicatissima sulla quale è importante insistere e investire, mettendo in rete tutte le risorse a disposizione: tecnologia, test genetici, ricerca e professionalità. Stiamo assistendo infatti ad uno sviluppo di terapie sempre più mirate e personalizzate: è tempo che anche le fasi di screening e diagnosi precoci vadano in questa direzione»