Cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva: in Italia circa 100mila casi non diagnosticati. Nuove prospettive per il trattamento della patologia

L’iniziativa

Cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva: in Italia circa 100mila casi non diagnosticati. Nuove prospettive per il trattamento della patologia

di redazione

I casi ufficiali sono solo 15mila. In realtà la cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva, una patologia genetica che causa l’ispessimento del muscolo cardiaco, secondo le stime epidemiologiche, colpisce in Italia circa 100mila persone. Il divario dipende dal fatto che i sintomi sono comuni ad altre condizioni cliniche e la malattia può facilmente sfuggire alla diagnosi. I pazienti non riconosciuti non hanno modo di ricevere le cure adeguate. Oggi esiste una molecola, mavacamten, già disponibile negli Stati Uniti e in corso di registrazione in Europa, che procura un miglioramento rapido e duraturo di alcune anomalie cardiache chiave nei pazienti che vivono con questa malattia cronica, talvolta progressiva.

Alla patologia e alle nuove prospettive nel trattamento è dedicato oggi un media tutorial virtuale, promosso da Bristol Myers Squibb.

«La cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva è una malattia genetica molto diffusa: le proteine del cuore vengono alterate con un aumento anomalo della loro attività contrattile. La patologia causa un importante ispessimento delle pareti del muscolo cardiaco e un aumento sproporzionato del consumo di energia, che nel lungo termine può avere conseguenze anche molto gravi. I sintomi più comuni sono palpitazioni, stanchezza, affanno e difficoltà a svolgere esercizio fisico, soprattutto dopo i pasti. Più raramente si presentano sincope, angina e dispnea. Nelle forme cosiddette ostruttive, può anche esistere un ostacolo all’uscita del sangue dal ventricolo sinistro, che, in alcuni casi, necessita di una correzione chirurgica. Esistono, però, anche casi lievi e del tutto asintomatici. Questo rende ancora più complessa la diagnosi, soprattutto nei giovani. La malattia viene in genere diagnosticata intorno ai 40 anni, ma è spesso già presente fin dall’adolescenza. La medicina sportiva è in grado di riconoscerla in stadi asintomatici grazie agli esami previsti per gli atleti, soprattutto l’ECG, ed è in grado di ridurre in modo significativo i casi di morti improvvise durante le competizioni sportive. Questa malattia compromette la qualità della vita, perché può rendere difficoltose anche le attività più semplici. Molto spesso è questo il primo segnale che spinge i pazienti a effettuare un controllo dal proprio medico», spiega Iacopo Olivotto, professore ordinario di Cardiologia all’Università degli Studi di Firenze e Direttore della Cardiologia Pediatrica dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Meyer (AOUM).

In Italia esistono diversi centri di cura con esperienza specifica per questa patologia e per altre cardiopatie genetiche. “Già dagli anni ’90 la cultura relativa alla cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva si è diffusa moltissimo, siamo uno dei Paesi in grado di trattarla al meglio. È fondamentale, però, che i pazienti si rivolgano ai centri dedicati, che hanno molta più esperienza nel riconoscere i sintomi, fornire corrette informazioni e individuare il migliore trattamento», commenta Olivotto.