Colangiocarcinoma: il 40% dei casi può essere curato con nuovi farmaci dalla medicina di precisione risposte ai bisogni insoddisfatti dei malati
La diagnosi arriva tardi e le opzioni terapeutiche sono limitate. Per questo l’aspettativa di vita delle persone affette da colangiocarcinoma è ancora bassa. In Italia sono 5mila i pazienti colpiti da questa forma rara e aggressiva di tumore al fegato. Negli ultimi anni però diversi passi in avanti sono stati compiuti ed è fondamentale garantire a tutti i malati le nuove opportunità di cura, non rinunciando a trattare anche gli stadi più avanzati della malattia. È l’appello lanciato nel corso del meeting dal titolo “Gli unmet need dei pazienti con colangiocarcinoma in Italia” realizzato da ISHEO, con il patrocinio dell’Associazione Pazienti Italiani Colangiocarcinoma (APIC) e della Federazione delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO), con il supporto non condizionante di Gruppo Servier in Italia.
È ora, infatti, possibile allungare la vita dei pazienti migliorarne la qualità. Merito soprattutto della medicina di precisione che fornisce finalmente una nuova speranza al 40 per cento circa dei pazienti che presentano alterazioni geniche che rispondono ad alcuni farmaci.
Negli ultimi mesi ISHEO ha raccolto le testimonianze di oncologi e pazienti che sono poi confluite in un report.
«Il colangiocarcinoma è una patologia che viene spesso diagnosticata quando già in fase avanzata. Solo il 35 per cento dei pazienti che ne ricevono diagnosi, infatti, risulta operabile e di questi, circa il 60 per cento tende a subire ricadute. Gli attuali dati mostrano come la sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi sia rispettivamente del 17 per cento per gli uomini e del 15 per cento per le donne. Su questi numeri potrà intervenire l’introduzione di nuove opzioni di trattamento, come le terapie a target molecolare, un’importante opportunità terapeutica per quelle condizioni in cui il tumore risulti inoperabile, o si presentino ricadute o metastasi. Un aspetto chiave è, quindi, la necessità dell’introduzione ab initio l’esecuzione dei test NGS per i pazienti affetti da colangiocarcinoma poiché il “fattore tempo” gioca un ruolo cruciale nel trattamento di questa patologia», ha dichiarato Carmine Pinto, direttore della Struttura Complessa di Oncologia Medica dell’AUSL-IRCCS di Reggio Emilia, Istituto di Tecnologie Avanzate e Modelli Assistenziali in Oncologia.
L’altro aspetto che può fare la differenza è la presenza di un team multidisciplinare che prenda in carico il paziente, al fine di gestire in maniera integrata il percorso assistenziale. «Sono infatti le ‘simultaneous care’ a fare la differenza per questi pazienti, dunque, è necessario fornire una presa in carico globale che tenga conto dell’aspetto psicologico, nutrizionale, della terapia del dolore e della riabilitazione. Non solo, l’expertise dei professionisti atti ad eseguire i test di espressione genica è alla base di un percorso assistenziale globale volto a garantire la migliore assistenza, ma purtroppo la distribuzione di laboratori non è uniforme sul territorio nazionale. In questo contesto, le Reti Oncologiche possono svolgere un ruolo di fondamentale importanza, consentendo la presa in carico dei pazienti, anche laddove il centro di riferimento possa non essere nelle immediate vicinanze», afferma Nicola Silvestris, Consigliere nazionale Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM).
Negli ultimi anni si è passati da una oncologia di precisione ad una personalizzata, con la possibilità di costruire opzioni terapeutiche precise ed efficaci sul singolo paziente.
«Si è evidenziato come le Istituzioni stiano cercando un percorso gestionale comune, una raccolta omogenea delle informazioni, perché vanno identificati specifici determinanti molecolari, fattori predittivi di una minore efficacia dei trattamenti e di una maggiore tossicità per fattori che, usualmente, non vengono presi in considerazione nei casi clinici, così possiamo salvare più vite e dare una migliore qualità di vita ai pazienti», aggiunge Paolo Marchetti, presidente della Fondazione per la Medicina Personalizzata.
Nel meeting di Roma intervengono anche i rappresentati delle associazioni di pazienti. «Potenziare le risorse destinate all’uso dell’NGS risulta un passaggio fondamentale per il sequenziamento del DNA nell’ambito dell’oncologia clinica, con finalità diagnostiche, prognostiche, predittive e di monitoraggio che possono dare accesso a terapie personalizzate anche per i pazienti affetti da colangiocarcinoma, i quali presentano un medical unmet need molto forte. Se parliamo di “personalizzazione delle cure”, appunto, ci riferiamo anche ad una migliore gestione delle risorse disponibili in modo che al paziente siano assicurate terapie mirate che aumentino l’efficacia, riducano gli effetti collaterali ed i costi per l’assistenza sanitaria oltre che i costi socio-sanitari a carico dei malati», aggiunge Elisabetta Iannelli, Vicepresidente Associazione Italiana Malati di Cancro, parenti e amici (AIMAC) e Segretario Generale Federazione delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (F.A.V.O.).