Epatite C: l’importanza dello screening. Oggi guarire è possibile

L’iniziativa

Epatite C: l’importanza dello screening. Oggi guarire è possibile

di redazione

Sensibilizzare gli epatologi circa la diagnosi, la gestione e il trattamento del paziente con Epatite C. È questo l’obiettivo di “Mind the GaPs in PWIDs. The shortest Route to Treat”, iniziativa itinerante promossa da AbbVie, partita ieri da Roma, con prossimi appuntamenti a Torino e Lecce. Tre incontri per ribadire come l’eradicazione di questa patologia, 

fissata dall’Oms come obiettivo per il 2030, passi prima di tutto dallo screening che è offerto gratuitamente a 3 categorie di popolazione: i nati nelle fasce d’età 1969-1989, le persone seguite dai Servizi Pubblici per le Dipendenze (SerD) e le persone detenute in carcere.

«Se una persona non rientra nelle tre categorie che hanno accesso gratuito allo screening ma ha il dubbio di essere stata esposta ad un potenziale contagio, per prima cosa deve eseguire il test per la ricerca degli anticorpi HCV per il quale sono necessari una ricetta rilasciata dal medico di famiglia e un prelievo di sangue. Se il test è positivo, il consiglio è quello di rivolgersi subito ad un centro di malattie infettive o esperto in malattie del fegato per una tempestiva valutazione clinica, cui seguirà il trattamento antivirale. Le attuali terapie antivirali ad azione diretta sono accessibili a tutti. La loro azione consiste nel bloccare la replicazione del virus HCV che non si moltiplica più. Nel caso del trattamento con glecaprevir/pibrentasvir l’eliminazione del virus si ottiene in 8 settimane, con un’efficacia in oltre il 95 per cento dei casi», afferma Leonardo Baiocchi, professore associato di gastroenterologia dell’Università Tor Vergata di Roma, dirigente responsabile f.f. Unità Operativa Complessa di Gastroenterologia Policlinico Università di Tor Vergata. 

L’Italia ha il primato in Europa per numero di soggetti positivi all’epatite C e di mortalità per tumore primitivo del fegato correlato al virus e anche i numeri del sommerso sono considerevoli. Molti pazienti affetti dalla malattia sono ignari della propria condizione, per lo più tra i consumatori di sostanze stupefacenti.

«L’infezione da HCV può colpire diversi organi e apparati e la guarigione ottenuta con i farmaci antivirali diretti ha un impatto significativamente positivo sulla qualità di vita del paziente. Può essere causa e complicanza di malattia renale cronica ed è dimostrata la relazione causale tra epatite cronica C e insulino-resistenza così come un’influenza negativa sul metabolismo dei lipidi, dell’osso, dell’apparato riproduttivo ed endocrino, sul sistema immuno-mediato e, infine, a carico della componente neuropsichica. Abbiamo potuto constatare come l’eliminazione del virus con i farmaci antivirali ad azione diretta può portare, grazie ad una risposta virologica sostenuta, ad un netto miglioramento o risoluzione delle complicanze extraepatiche, le cosiddette malattie HCV-associate. Questi risultati rafforzano l’importanza della diagnosi e del trattamento precoce di tutti i pazienti con infezione da HCV», commenta Miriam Lichtner, professore di Malattie Infettive Sapienza Università di Roma, Primario UOC Malattie Infettive Ospedale Santa Maria Goretti di Latina e Membro SIMIT (Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali).