Male la raccolta del plasma: nel 2022 è stata inferiore ai livelli del lockdown
Il 2022 è stato un anno nero per la raccolta di plasma: 842.949 chili, circa 20 mila in meno rispetto al 2021, quando se n’erano raccolti 862.401.
Il dato viene dal Centro nazionale sangue, che osserva come il calo (del 2,3%) porti la raccolta della parte liquida del sangue a un livello inferiore addirittura a quello del 2020, quando i mesi di lockdown avevano fatto sentire i loro effetti su tutto il sistema sanitario nazionale.
Il Cns individua la causa principale del crollo della raccolta nell’andamento dell’epidemia di Covid e in particolare alla variante Omicron, con brusche frenate registrate in corrispondenza dei picchi di contagi di gennaio, aprile e luglio: rispettivamente -10%, -13% e -6,7% rispetto all’anno precedente. I Servizi trasfusionali, peraltro, devono fare i conti anche con una grave carenza di personale, che inevitabilmente incide sulle attività di raccolta di sangue e plasma.
Il calo della raccolta fatto registrare lo scorso anno allontana ulteriormente l’Italia dall’obiettivo dell'autosufficienza, cosicchè per soddisfare il fabbisogno di medicinali plasmaderivati (come l’albumina e le immunoglobuline) il nostro Paese è stato costretto a rivolgersi sempre di più al mercato estero. L’Italia importa principalmente dagli Stati Uniti, dove pure la raccolta ha segnato il passo dal 2020 e questo ha comportato da un lato un aumento dei prezzi di questi prodotti e dall’altro il rischio che in futuro sarà difficile reperire farmaci utilizzati largamente anche in terapie salvavita.
«Il plasma è una risorsa fondamentale per il sistema sanitario nazionale – spiega Vincenzo De Angelis, direttore del Centro nazionale sangue – eppure sono ancora in pochi a essere a conoscenza della sua importanza. Contrariamente ai globuli rossi, l’Italia non è autosufficiente per il plasma e questo ci espone a dei rischi che, come ci ha fatto capire il Covid, sono meno ipotetici di quanto non ci aspettassimo. Fortunatamente la generosità degli italiani non è mai venuta meno, neanche nei momenti più bui della pandemia, e ci sono intere categorie di potenziali donatori che sarebbero ideali per il plasma, chi ha il gruppo sanguigno AB per esempio, o le donne, per un minore impatto su riserve di ferro e sui valori di emoglobina. Alla fine – conclude - basterebbe solo uno sforzo in più da parte di tutti gli attori del sistema».
Per cercare di risolvere il problema delle carenze l’Italia è comunque impegnata, con numerosi partner europei e internazionali, nel progetto SUPPLY per fornire strumenti utili a incrementare la raccolta di plasma da donazioni volontarie e non remunerate nei Paesi membri dell’Unione europea.