Presentato il Libro Bianco della Logopedia: è boom di richieste ma in Italia mancano all’appello 10 mila logopedisti

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Presentato il Libro Bianco della Logopedia: è boom di richieste ma in Italia mancano all’appello 10 mila logopedisti

di redazione

In Italia ci sono 15mila logopedisti, 24 ogni 100 mila abitanti, contro una media europea di 40 per 100 mila. Facendo i calcoli ci sono circa 10 mila professionisti mancanti. È quanto emerge dal primo “Libro Bianco della Logopedia”, un’indagine sul ruolo del logopedista nel sistema sanitario italiano anche alla luce dei nuovi bisogni dettati dalla pandemia. 

Oggi i logopedisti infatti oltre a occuparsi di dislessia, balbuzie, disfagia, disturbi dell’apprendimento, intervengono nella riabilitazione del linguaggio dei pazienti Covid dimessi dalle terapie intensive.  Con la pandemia le richieste di un loro intervento sono aumentate del 30 per cento. Ma la categoria resta notevolmente sottodimensionata. 

«E pensare che la nostra professione è ai primi posti nella scelta delle giovani matricole tra le 22 professioni sanitarie. Ma i circa 840 laureati che si registrano ogni anno in Italia non sono abbastanza per colmare il divario con gli altri Paesi.  E le conseguenze di questa carenza sono purtroppo a carico del cittadino e paziente: per fare solo due esempi, le liste d’attesa superano ormai un anno; inoltre adulti e anziani in fase acuta e cronica, quali post ictus con afasia, malattie croniche degenerative, demenze, non possono essere presi in carico malgrado le evidenze scientifiche dimostrino l’efficacia dell’intervento di cura da parte del logopedista», denuncia Tiziana Rossetto presidente della Federazione dei Logopedisti Italiani. 

Dal Libro Bianco emerge che i medici che ricorrono più spesso al logopedista sono i pediatri di famiglia (il 91% degli intervistati) seguiti dai neurologi ambulatoriali (75%) e dai medici di famiglia (70%). Le problematiche più ricorrenti sono i disturbi primari del linguaggio e quelli specifici dell’apprendimento, seguiti dai disturbi del linguaggio causati da malattie croniche e degenerative (come il Parkinson o la SLA). Circa un geriatra su quattro ha ritenuto opportuno avere il sostegno di un logopedista per pazienti affetti da Alzheimer o altre demenze.

La carenza di organico dei logopedisti rappresenta un problema concreto per circa un terzo dei medici di famiglia, che pur sottolineando l’importanza di questa figura professionale, lamenta il fatto che non sempre sono disponibili proprio perché non in numero sufficiente. 

Anche i direttori sanitari in grande maggioranza (circa il 75%) ritengono “molto importante” o “abbastanza importante” la figura del logopedista; in particolare per far fronte a problematiche quali le malattie croniche degenerative (Parkinson, SLA) o l’afasia conseguente a un ictus o a interventi chirurgici. Il 58 per cento dei direttori generali e il 57 per cento dei direttori sanitari considera l’intervento di un logopedista strategico per evitare, in prospettiva, un aggravamento progressivo della patologia del paziente. Ma un manager su quattro dei manager è costretto a notare che l’attività del logopedista durante la pandemia si è interrotta o ha subito pause e riprese che hanno causato problemi alla riabilitazione.

Il Libro Bianco è stato realizzato dalla società di ricerche demoscopiche Datanalysis, ha coinvolto 2.100 tra medici di famiglia, pediatri, geriatri, neurologi e fisiatri e 200 tra direttori generali e direttori sanitari di Asl e Aziende ospedaliere, in tutta Italia. Si attende ora di vedere come si potrà agire tramite il PNRR anche in questo settore. Il volume e l’indagine relativa sono stati presentati oggi a Roma dalla Federazione dei Logopedisti Italiani.