Responsabilità professionale, l'Anaao Assomed boccia la riforma proposta dalla Commissione D’Ippolito
La riforma della responsabilità professionale proposta dalla Commissione D’Ippolito «non risponde in alcun modo all’esigenza di sicurezza invocata dall’Anaao Assomed a nome di una classe medica oggetto di delegittimazione, denunce e diffamazione».
Così il segretario nazionale dell'Anaao Assomed, Pierino Di Silverio, commenta la relazione finale della Commissione.
«Il vero limite di tutto l’impianto – sostiene Di Silverio - è la trattazione della colpa grave, il tema su cui ci aspettavamo cambiasse qualcosa, e che invece resta inalterato per impossibilità, ci dicono, di modificare l’attuale impianto ordinamentale. Non vogliamo sostituirci a chi le leggi le scrive, ma ci sembra addirittura un passo indietro rispetto allo “scudo penale” che scade a fine anno».
Per il leader del principale sindacato dei medici e dirigenti ospedalieri, «non è neanche una questione di depenalizzazione, quanto di non intervenire su una modalità quasi perversa che porta all’assoluzione dei colleghi nel 97%. Il problema da affrontare a nostro avviso non è tanto la dimostrazione della colpa, quanto la presunzione di colpa che determina un corto circuito tra indagato, imputato e condannato. Prima ancora che si aprano le aule del tribunale».
L’Anaao, ricorda Di Silverio, aveva chiesto di sostituire il concetto di “risarcimento” con quello di “indennizzo”, «che non presuppone la ricerca di un colpevole e salvaguarda i diritti dei cittadini, in analogia a quanto fanno diversi Paesi europei».
Aveva chiesto inoltre la creazione di una Commissione terza che potesse prendere in carico le richieste di indennizzo e analizzarle, prima di avviare un percorso di responsabilità penale e di rendere obbligatoria la procedura di conciliazione prima di adire le vie legali; di agire sul regime di decorrenza del termine di prescrizione del reato, evitando che, in alcuni casi, il medico possa trovarsi a subire a distanza di anni, per la medesima condotta, una doppia imputazione, sia per il reato di lesioni personali colpose che per quello di omicidio colposo; di agire sul percorso di imputabilità del denunciato, «per evitare un processo che comporta un prezzo elevato in termini di reputazione professionale, esposizione mediatica, travaglio giudiziario».
«Forse – ipotizza Di Silverio - la mancanza di risposte non è tutta responsabilità della Commissione, che si è mantenuta nei limiti di evidenti indirizzi politici, quanto della totale assenza al suo interno di medici che ancora operano e curano, della totale assenza del ministero della salute, e forse della totale assenza di volontà politica di offrire maggiori tutele alla classe medica».
Il sindacato chiede pertanto al ministro della Salute «un intervento efficace che possa allontanare i legittimi dubbi che il lavoro di questa Commissione sia stato infruttuoso. Magari provando a integrare con una lettura professionale un impianto legislativo troppo legato a una visione tecnicistica – conclude Di Silverio - e troppo lontano dalla consapevolezza della complessità di ogni atto medico, esposto alla variabilità diagnostica e terapeutica».