Tumore delle vie biliari: via libera UE a durvalumab più chemioterapia

Terapie

Tumore delle vie biliari: via libera UE a durvalumab più chemioterapia

di redazione

L’immunoterapia entra in prima linea nel trattamento dei pazienti adulti con carcinoma delle vie biliari (BTC). È stato infatti appena approvato nell’Unione Europea Durvalumab di AstraZeneca in combinazione con chemioterapia (gemcitabina più cisplatino) per i casi di tumore non resecabile o metastatico. 

L’approvazione della Commissione Europea si basa sui primi risultati dello studio di Fase III  TOPAZ-1, pubblicati nel New England Journal of Medicine Evidence, e sull’aggiornamento dei dati presentato all’European Society for Medical Oncology (ESMO) Congress 2022.

Il tumore delle vie biliari è un gruppo di tumori rari e aggressivi che si sviluppa nei dotti biliari (colangiocarcinoma) e nella cistifellea. Sono circa 211mila ogni anno le nuove diagnosi di tumore delle vie biliari e della cistifellea, e circa 40mila si verificano in Europa. Questi pazienti hanno una prognosi sfavorevole, in quanto approssimativamente solo il 5-15 per cento dei pazienti sopravvive a cinque anni dalla diagnosi.

I risultati dello studio hanno dimostrato che l’associazione di durvalumab alla chemioterapia ha ridotto il rischio di morte del 20 per cento rispetto alla sola chemioterapia. L’aggiornamento dei dati dello studio TOPAZ-1 dopo ulteriori 6,5 mesi di follow-up ha mostrato una riduzione del 24 per cento del rischio di morte rispetto alla chemioterapia da sola, con una stima di pazienti ancora in vita a due anni dall’inizio del trattamento più che raddoppiata con durvalumab più chemioterapia rispetto alla sola chemioterapia (23,6% rispetto a 11,5%). La sopravvivenza globale (OS) mediana aggiornata era di 12,9 mesi rispetto a 11,3 con la chemioterapia.

«Siamo di fronte alla prima approvazione di un regime immunoterapico in prima linea in questa patologia molto difficile da trattare e da diagnosticare. Non esistono, infatti, test di screening o esami diagnostici di routine in grado di identificarla in fase iniziale, quando è ancora possibile la rimozione chirurgica. Sintomi più definiti compaiono se la neoplasia è avanzata, in cui le possibilità di guarigione tuttavia si riducono. L’efficacia della combinazione di durvalumab con la chemioterapia è stata dimostrata sia nelle forme intraepatiche che in quelle extraepatiche, quindi in tutta la popolazione e senza una preliminare selezione molecolare. Una caratteristica del trattamento con l’immunoterapia è la presenza delle cosiddette ‘code’ di pazienti, in cui si osservano sopravvivenze a lungo termine, un risultato molto importante mai ottenuto finora. Dopo oltre un decennio di attesa di nuove opzioni terapeutiche, questo regime a base di immunoterapia cambia lo standard di cura in prima linea, rappresentato fino ad oggi dalla chemioterapia»,  spiega Andrea Casadei Gardini, oncologo dell’Unità Operativa di Oncologia Medica dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. 

La combinazione di durvalumab più chemioterapia è stata generalmente ben tollerata, senza nuovi segnali di sicurezza, e non ha causato l’aumento del tasso di interruzione del trattamento a causa di eventi avversi (AEs) rispetto alla sola chemioterapia. Gli eventi avversi di Grado 3 o 4 legati alla terapia si sono verificati nel 60,9 per cento dei pazienti trattati con durvalumab più chemioterapia, e nel 63,5 per cento di quelli trattati con la sola chemioterapia. 

«Ci auguriamo che, dopo l’approvazione europea, giunga dunque quanto prima anche la rimborsabilità di questa nuova opzione terapeutica da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco, perché i pazienti colpiti da questo tumore molto aggressivo non possono aspettare. È fondamentale che, già per la prima linea, le persone con diagnosi di colangiocarcinoma siano indirizzate precocemente alle strutture specializzate ad alto volume, dove è possibile una presa in carico completa da parte di un team multidisciplinare dedicato, in grado di definire al meglio il percorso diagnostico e terapeutico», ha dichiarato Paolo Leonardi, presidente dell’Associazione Pazienti Italiani Colangiocarcinoma (APIC).