“Women in rare”: la centralità delle donne nelle malattie rare

Il progetto

“Women in rare”: la centralità delle donne nelle malattie rare

di redazione

Per le donne la convivenza con la malattia rara è ancora più difficile. C’è in più la preoccupazione per il proprio corpo e la propria immagine, il timore di perdere la fertilità, la difficoltà di conciliare il lavoro con la malattia. 

Per far luce a 360 gradi sull’impatto (sociale, clinico, economico, psicologico) di queste malattie nella popolazione femminile e ridurre le disuguaglianze di genere nasce “Women in rare”, il progetto di Alexion dedicato alla centralità della donna nell’universo delle malattie rare. Il percorso si articolerà attraverso eventi istituzionali di sensibilizzazione, una campagna social per aumentare la consapevolezza sulle malattie rare e la stesura di un “libro bianco”, in collaborazione con EngageMinds Hub, UNIAMO, Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, ALTEMS e il comitato scientifico del progetto “Women in Rare”. Nella pubblicazione  verranno evidenziati i principali bisogni insoddisfatti sia dalla prospettiva del paziente sia del caregiver.

«La presenza di una malattia rara ha un forte impatto sia sulla vita di chi ne è affetto sia su quella dei caregiver. Diversi studi sottolineano però che è maggiore nelle donne, che spesso devono affrontare sfide uniche e specifiche legate alla loro condizione di salute», spiega Guendalina Graffigna, Professore Ordinario di Psicologia dei Consumi e della Salute all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza e Direttore del Centro di Ricerca EngageMinds HUB – Consumer, Food & Health Engagement Research Center. 

Il primo passo del progetto “Women in Rare” è stato quello di realizzare l’indagine “Progetto Donna” per identificare, letteratura scientifica alla mano, le principali sfide che le donne con patologia rara devono affrontare. Lo studio, coordinato da Guendalina Graffigna, ha individuato nella percezione della propria immagine, gestione della malattia, fertilità, appartenenza a minoranze culturali e conciliazione del ruolo di lavoratrice con quello di caregiver quelle aree che costituiscono una minaccia importante ma sottovalutata per la salute e la qualità della vita della donna.

Le difficoltà non riguardano solo il caso in cui il paziente è la donna, ma anche quando è lei ad occuparsi della gestione di un famigliare malato, cosa che accade nel 70 per cento dei casi. Sono infatti le donne a farsi carico di tutto. Il ruolo di caregiver per i figli con patologie rare può essere estremamente impegnativo e stressante, soprattutto per le madri che assumono il ruolo principale di cura.

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«I percorsi di diagnosi, cura e sostegno per i malati e per i loro familiari dipendono in gran parte dalla Regione in cui si risiede. Ecco perché occorre più che mai un maggior raccordo sul territorio per cambiare la vita quotidiana delle persone con malattia rara attraverso una miglior assistenza socio-sanitaria e domiciliare. Cambiamento che per il ruolo della donna, sia come caregiver sia come lavoratrice, deve passare da interventi strutturali che garantiscano il diritto di scelta. Ciò significa facilitazioni per part time e smart working accompagnate da assistenza domiciliare che possa consentire anche una scelta lavorativa. Iniziative come ‘Women in Rare’, con il contributo delle associazioni che si occupano di malattie rare, vanno proprio in questa direzione», commenta Annalisa Scopinaro, presidente di UNIAMO (Federazione Italiana Malattie Rare).