Per i bambini con malattie reumatologiche il passaggio dal pediatra al reumatologo degli adulti è un salto nel buio
Prima bambino, poi adulto. Il passaggio dal pediatra al medico “dei grandi” è un passaggio delicato per tutti. Ma lo è a maggior ragione per chi soffre di malattie reumatiche, per chi deve lasciare il pediatra reumatologo ed essere preso in cura dal reumatologo degli adulti.
Questa fase della presa in carico non viene gestita dai servizi sanitari con la dovuta attenzione. A questo tema è stato dedicato il convegno “La transizione dall'età pediatrica all’età adulta: un salto nel buio?” promosso da APMARR – Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare APS ETS che si è svolto oggi, 5 ottobre, a Roma. L’evento che ha riunito esponenti delle istituzioni, delle società scientifiche, associazioni pazienti e clinici nel campo della reumatologia, è stata l’occasione, in vista della Giornata Mondiale delle Malattie Reumatiche che ricorre il 12 ottobre, per rilanciare la necessità agevolare la transizione che il paziente, con patologia ad esordio pediatrico, deve attraversare.
Il concetto di "transizione" si riferisce al delicato passaggio che i pazienti in età pediatrica devono affrontare quando crescono e devono iniziare a essere presi in carico da un medico specializzato nell'assistenza agli adulti. Questo processo non è codificato all'interno dei Livelli Essenziali di Assistenza o all’interno di percorsi di cura condivisi, e di conseguenza, per coloro che soffrono di patologie che hanno avuto inizio in età pediatrica, spesso si traduce in una solitudine terapeutica e nella mancanza di un percorso di assistenza coerente.
Che ci sia un gap da colmare nella presa in carico dei pazienti lo dicono anche i dati di una ricerca composta da una parte qualitativa realizzata da APMARR attraverso oltre 400minuti di interviste di medicina narrativa e da una parte quantitativa realizzata dall’Istituto di ricerca WeResearch
L'obiettivo della ricerca è stato indagare il processo di transizione dal pediatra al medico per l’adulto.
Il campione della ricerca quantitativa era composto da 694 persone, donne e uomini, di età 16-75 anni. Nel dettaglio: 308 caregiver di persone di 14-20 anni di età con patologie reumatologiche, 300 caregiver di persone di 14-20 anni di età con altre patologie, 86 pazienti di 16 -30 anni.
Ecco i principali risultati: sono più di 6 persone su 10 a riconoscere che è fondamentale la transizione dal punto di vista di utilità per la continuità di cura, ma seppur più della metà dei caregiver di persone di 14-20 anni di età (55,3%) afferma di aver vissuto un percorso positivo, rimane ancora l’11,3 per cento che invece si è scontrato con un percorso problematico e difficoltoso. Sono la scarsa comunicazione e coordinamento tra i medici specialisti, i tempi di attesa eccessivamente lunghi e gli aspetti emotivi e psicologici i motivi per cui la continuità di cura risulta difficile durante il passaggio per il 19,4 per cento delle persone di 16-30 anni di età che hanno già effettuato la "transizione".
Le principali difficoltà risiedono proprio nella mancanza di informazioni su come effettuare la transizione, per più di due intervistati su 10 sono incomplete (24%), specialmente per i caregiver di chi è affetto da patologie reumatologiche (24,7%). Ed è proprio questa carenza di informazioni che rallenta la transizione dal pediatra reumatologo al reumatologo dell’età adulta. Gli intervistati, infatti, individuano come principali problematiche affrontate nella comunicazione della propria storia clinica al medico reumatologo per adulto gli aspetti procedurali nel passaggio di consegne tra i medici e una percezione di una minore empatia con il nuovo medico “sentendosi meno ascoltati" rispetto che col proprio pediatra reumatologo con il quale hanno instaurato un rapporto di fiducia.
«Le malattie reumatologiche sono frequenti anche in età pediatrica: sono infatti in media 10mila i bambini che ogni anno sono colpiti da queste patologie, la più comune è l’artrite idiopatica giovanile (AIG). Una diagnosi in tempi utili insieme a precoci e corretti approcci terapeutici possono portare a una remissione clinica della patologia e a una normale qualità di vita. Nel percorso del paziente con patologie reumatologiche ad esordio pediatrico la difficoltà è riconoscerne i sintomi, per questo occorre la presa in carico precoce del pediatra con specializzazione in reumatologia che ne imposterà il percorso terapeutico e lo accompagnerà fino all’età adulta. È quindi essenziale poter avere un percorso di transizione codificato e non lasciato soltanto alla ‘buona volontà’ dei medici»,-dichiara Fabrizio De Benedetti, Presidente di Reumaped (Società Italiana di Reumatologia Pediatrica) e Direttore della UOC di Reumatologia e dell’Area di Ricerca di Immunologia, reumatologia e Malattie Infettive dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma.