Un documento per la presa in cura globale della persona con colite ulcerosa
Realizzare politiche sanitarie basate sui dati relativi alle sostenibilità delle cure, con la creazione di un registro nazionale della colite ulcerosa. Ottimizzare le risorse disponibili tenendo conto dei costi diretti e indiretti della malattia. Migliorare la capacità del sistema sanitario di riconoscere e rispondere in modo efficace ai bisogni e alle aspettative di cura del paziente, attraverso l'istituzione di una rete assistenziale sul modello Hub& Spoke e una gestione integrata con il territorio. Promuovere una gestione della malattia improntata all’approccio “Value Based Care”. Diffondere tra i medici una cultura capillare sul ruolo delle nuove terapie.
Sono questi, in sintesi, i cinque punti del documento presentato martedì 19 settembre al Senato da IG-IBD e Amici Onlus per una maggiore appropriatezza terapeutica, migliore qualità della vita e sostenibilità per il SSN della patologia.
La colite ulcerosa «è una malattia invalidante – sottolinea il senatore Guido Quintino Liris - con rilevanti problemi di carattere gestionale in termini di presa in carico del paziente, che può determinare una drastica diminuzione della qualità della vita del paziente stesso».
La malattia, cronica e invalidante, colpisce soprattutto i giovani adulti. Si stima che ogni anno ci siano tra i dieci e i quindici nuovi pazienti ogni 100 mila abitanti. Nel 2019 il numero delle persone colpite era di circa 160 mila, ma le proiezioni per il 2025 parlano di oltre 331 mila casi in Italia.
Salvo Leone, direttore generale AMICI ITALIA, ricorda che nel 2016, il Piano nazionale cronicità (Pnc) ha riconosciuto la colite ulcerosa come una delle patologie che richiedono una pianificazione sanitaria dedicata, ma «è importante notare – sottolinea - che le direttive e le raccomandazioni del Pnc sono state implementate solo parzialmente, creando un quadro eterogeneo all’interno dell’Italia. La gestione della colite ulcerosa nell’attuale contesto italiano si presenta come un patchwork, con notevoli disparità sia tra le diverse Regioni che all’interno delle stesse rRegioni stesse».
Oggi non esistono ancora terapie risolutive, mentre le spese mediche per la gestione della malattia sono più alte rispetto a quelle sostenute per la maggior parte delle altre patologie croniche. Si stima che la renda conto ogni anno di 250 mila visite mediche e 30 mila ricoveri ospedalieri in tutto il mondo, con costi medici diretti che in Europa ammontano a 5,4– 12,6 miliardi di euro (tra 8.949 e 10.395 euro a paziente) che sono dovuti principalmente alle ospedalizzazioni. I pazienti con colite ulcerosa hanno infatti un rischio triplicato di ospedalizzazione rispetto alla popolazione generale, includendo gli accessi per interventi chirurgici, procedure diagnostiche e terapie mediche.
«Mancano vere e proprie reti assistenziali per le malattie infiammatorie croniche intestinali, come la colite ulcerosa, con la sola eccezione delle Regioni più virtuose come la Sicilia e la Campania che hanno implementato un Percorso diagnostico terapeutico assistenziale regionale – rileva Ambrogio Orlando, direttore dell'Unità operativa Malattie infiammatorie croniche intestinali degli ospedali riuniti Villa Sofia-Cervello di Palermo - e mancano connessioni tra i Centri di riferimento e la medicina del territorio. Inoltre, nonostante i benefici riconosciuti dall’uso delle terapie target, oltre un terzo dei pazienti affetti da Mici, attualmente non riceve tali trattamenti, perché ha difficoltà ad accedere ai Centri per la prescrizione delle terapie avanzate».
Il documento presentato in Senato «vuole sottolineare come la colite ulcerosa sia una patologia che ha bisogno di attenzione da parte del nostro sistema, dati i numeri in aumento, e di una strategia condivisa nella gestione del paziente» spiega Alberto Avaltroni, vicepresidente e Country Head di Galapagos Italia, che ha reso possibile l'incontro. «Come Galapagos riteniamo che i nuovi approcci possano dare un contributo importante alle scelte cliniche e di programmazione sanitaria – aggiunge - e che l’outcome complessivo del paziente debba guidare, insieme agli altri parametri di esito, l’analisi dei risultati di cura».