L’esercito delle Value Added Medicines, farmaci innovativi ma senza riconoscimento
Non sono farmaci originali, perché si tratta di molecole già note a brevetto scaduto. Ma chiamarli generici o equivalenti è a dir poco riduttivo. Perché quelle molecole, già note, non hanno lo stesso utilizzo degli originator, ma, dopo ricerche, sperimentazioni, riformulazioni, combinazioni o abbinamenti con dispositivi sono diventati tutt’altro. Rispondendo a bisogni di salute nuovi. Per esempio, andando a curare i casi di Covid complicati, come è successo durante la pandemia al desametasone. Oppure diventando, invece di compresse, formulazioni che si sciolgono in bocca. Una trasformazione, che è tutto fuorché di facciata, visto che consente, per esempio, a persone con problemi di deglutizione di assumere correttamente il farmaco senza essere costretto - come spesso avviene - a sbriciolarlo, rischiandone di comprometterne l’efficacia.
Su questa categoria di farmaci è in corso una profonda riflessione. Vengono definiti “Value Added Medicines” (VAM), farmaci a valore aggiunto. E oggi si trovano nella paradossale situazione di portare innovazione nella salute senza avere un riconoscimento del loro valore in relazione al bisogno a cui forniscono risposta. Da questo è nato un documento, elaborato da un team multidisciplinare di esperti, con l’obiettivo di determinare criteri e parametri di valutazione del valore aggiunto di tali terapie. L'’Expert Opinion “Il framework di valutazione delle Value Added Medicines (VAM)" è stato presentato oggi, 13 ottobre, a Roma nel corso dell’evento “Il Valore aggiunto alla salute - Farmaci, salute e innovazione: le nuove frontiere delle VAM” organizzato da Egualia, che rappresenta in Italia le aziende che stanno sviluppando le Value Added Medicines.
Cosa sono le VAM
Le Value Added Medicines (VAM) sono farmaci “off patent” basati su molecole note nella pratica clinica che, in funzione di modifiche quali estensione di indicazione, riformulazione o diversa combinazione e sviluppo di device associati, possono produrre un valore aggiunto per pazienti, clinici e istituzioni.
Le VAM possono hanno tre possibilità nella “nuova vita”:
1. riposizionamento del farmaco con estensione delle indicazioni;
2. riformulazione con diversa via di somministrazione o dosaggio;
3. combinazione di diversa natura: farmaco-farmaco, farmaco-device, farmaco-servizio, anche digitale (es. per migliorare l’aderenza terapeutica).
Gli ambiti in cui possono procurare beneficio sono cinque:
1. Bisogni di salute insoddisfatti: nuove indicazioni per patologie prive di alternative terapeutiche, alternativa a terapie con rapporto rischio-beneficio insoddisfacente.
2. Guadagno di salute: miglioramento dei risultati clinici relativi ad un trattamento, maggiore sicurezza e/o tollerabilità documentata da studi clinici e studi Real World
3. Esiti riportati dai pazienti: migliore qualità della vita correlata allo stato di salute, migliore aderenza alla terapia
4. Oneri per famiglie e caregiver: miglioramento della produttività del paziente, riduzione dell’uso di risorse coperte dai pazienti, miglioramento della qualità di vita dei caregiver informali, riduzione dell’onere finanziario per un caregiver remunerato.
5.Oneri per il sistema sanitario: riduzione dei costi, miglior stabilità e/o durata di conservazione dei prodotti farmaceutici attraverso il miglioramento tecnologico.
La situazione in Italia
In Europa si assiste ad una pluralità di approcci diversi nella valutazione delle eventuali evidenze associate al valore aggiunto delle VAM. In alcuni casi, nei processi di HTA, le aziende produttrici di farmaci a valore aggiunto, devono fornire le stesse evidenze che vengono richieste per i nuovi farmaci.
In Italia le VAM non possono accedere al label di innovatività perché il vantaggio nell’impiego del medicinale e una migliore accettabilità della terapia da parte dei pazienti non rientrano nei criteri a tal fine considerati. E non possono ottenere un premio di prezzo rispetto alle alternative terapeutiche esistenti, pur recando rispetto ad esse concreti e misurabili vantaggi, perché quest’ultimo viene concesso solo ai prodotti che presentano un accertato valore terapeutico aggiunto.
Le potenzialità delle VAM raccontate in tre casi studi
Il documento presentato oggi nasce con l’intento di offrire alle VAM maggiori opportunità di impiego. Gli esperti hanno innanzitutto individuato gli elementi di valore dell’innovazione incrementale, quali ad esempio la migliore aderenza al trattamento, le preferenze dei pazienti, l’aumento di qualità di vita, l’impatto organizzativo con possibili vantaggi per le famiglie, i caregiver, il sistema sanitario nel suo complesso. Tre i case studies utilizzati per individuare le metodologie idonee a perimetrare ciascun dominio: il riposizionamento di un principio attivo originariamente utilizzato per il trattamento dell’ipertensione, poi riformulato e approvato per il trattamento del Disturbo da Deficit di Attenzione Iperattività (ADHD); l’estensione delle indicazioni di un farmaco inizialmente registrato per il trattamento del cancro al seno anche al trattamento del carcinoma pancreatico e polmonare, l’associazione fissa di corticosteroidi per inalazione (ICS) e di broncodilatatori LABA (beta2-agonisti a lunga durata d'azione) per il trattamento della Bronco Pneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO).
«Se per una nuova indicazione è sempre necessario uno studio clinico sperimentale -per le altre aree è fondamentale impostare studi di post marketing definiti in fase negoziale, capaci di generare evidenze di Real World che consentano di riaprire una ulteriore negoziazione del prezzo, ad esempio, dopo due anni di utilizzo del medicinale», spiegano gli autori dell’Expert Opinion.
Le survey riguardanti i pazienti affidati ai medici di medicina generale potrebbero invece consentire la valutazione degli esiti clinici e l’aderenza al trattamento.
«Quello delle Value Added Medicines costituisce un campo ancora inesplorato dal punto di vista regolatorio nel nostro Paese ma che può portare importanti vantaggi sia ai pazienti che al servizio sanitario nazionale. Ci auguriamo di poterci confrontare al più presto con l’agenzia regolatoria per arrivare, anche in collaborazione con le rappresentanze dei pazienti, a un contesto normativo specifico per questa categoria di prodotti», afferma Geremia Seclì, coordinatore del Gruppo VAM di Egualia.