Federazione Alzheimer: «Belle parole e poca sostanza» nel decreto attuativo della riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti

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Federazione Alzheimer: «Belle parole e poca sostanza» nel decreto attuativo della riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti

di redazione

Il decreto legislativo che dovrebbe dare attuazione alla legge 33/2023, ovvero la riforma dell’assistenza agli anziani non autosufficienti, «tradisce il vero spirito della legge».

Il duro giudizio sul provvedimento presentato lo scorso 25 gennaio dal Consiglio dei ministri è di Katia Pinto, presidente di Federazione Alzheimer Italia.

«Insieme alle altre sessanta organizzazioni del Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza abbiamo seguito fin dal principio l’iter di quella che avrebbe potuto rappresentare una svolta storica per oltre 10 milioni di persone – ricorda Pinto - ovvero i 3 milioni e 800.000 mila anziani non autosufficienti che vivono nel nostro Paese, i loro familiari e i caregiver professionali. Una svolta attesa anche da molte persone con demenza che, seppure non tutte anziane, rappresentano comunque la maggioranza degli anziani non autosufficienti».

Tuttavia, precisa la presidente di Federazione Alzheimer Italia, il decreto cancella alcuni punti fondamentali, come l’introduzione di un modello di servizio domiciliare specifico per la condizione di non autosufficienza, e ne rimanda altri, come la riforma dei servizi residenziali. Introduce un Sistema nazionale per la popolazione anziana non autosufficiente (Snaa), che però riguarda solo i servizi e interventi sociali: «Una misura che viene quindi svuotata di senso rispetto a quella presente nella legge delega, che prevedeva una programmazione integrata anche con quelli sanitari e monetari».

Inoltre, con la sperimentazione della prestazione universale «viene sì introdotto per il prossimo biennio un nuovo aiuto economico, ma questo riguarderà solo over 80 con elevato bisogno assistenziale e ridotte disponibilità economiche: meno di 30.000 persone nel 2025 e neanche 20.000 nel 2026». Tutto questo, aggiunge Pinto, «senza intervenire concretamente sull’indennità di accompagnamento, la misura di supporto più diffusa e allo stesso tempo meno efficace, che necessiterebbe invece di una profonda revisione per diventare realmente utile».

«Fortunatamente», viene però mantenuta l’introduzione di una valutazione nazionale unica che permetterà di rivolgersi a un solo punto (anziché a cinque o sei diversi come avviene ora) all’interno delle Casa della Comunità per accedere ai servizi e i benefici, dall’accompagnamento alla legge 104 all’invalidità civile.

Comunque, «ancora una volta siamo di fronte a tante belle parole – sostiene ancora Pinto - ma a ben poca sostanza».

Le Associazioni del Patto per la non autosufficienza hanno quindi inviato alla presidente del Consiglio Meloni una lettera per chiedere di rivedere il decreto e arrivare all’approvazione definitiva del provvedimento con una riforma diversa, «in grado di incidere concretamente sulla vita di 10 milioni di persone».

«Al momento manca un vero progetto per il futuro dell’assistenza agli anziani non autosufficienti – conclude la presidente di Federazione Alzheimer Italia - e questo ci spaventa molto, perché nel nostro Paese saranno sempre di più gli uomini e le donne che si troveranno in questa condizione e tra di loro quelli che dovranno convivere anche con la demenza. Insieme alle altre organizzazioni del Patto continueremo a far sentire la nostra voce per ottenere la riforma che serve».