Fratture da fragilità ossea, Cittadinanzattiva: manca un unico modello di riferimento per la presa in carico e la gestione
Manca un approccio unico alla gestione delle fratture da fragilità ossea. Le procedure di presa in carico dei pazienti variano da regione a regione se non addirittura da Asl a Asl, i percorsi multidisciplinari sono una rarità, scarseggiano le attività di prevenzione e non ci sono sufficienti garanzie sulla continuità assistenziale. Sono i punti critici emersi dall’indagine di Cittadinanzattiva sulle fratture da fragilità ossea, realizzata con il contributo non condizionato di UCB.
I dati si riferiscono a 7 regioni, Abruzzo, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Sardegna e Sicilia. Le informazioni frammentate e comunque non omogenee confermano la necessità di un modello unico di riferimento. La Toscana ha risposto di possedere un registro per monitorare il fenomeno delle fratture da fragilità, percorsi specifici di presa in carico, un codice dedicato e un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (Pdta) dedicato, oltre che le unità FLS basate sull’innovativo approccio multidisciplinare. Anche l’Abruzzo si è organizzato con un apposito Pdta e servizi di gestione del paziente fratturato a seguito dell’emergenza pandemica. In Lombardia c'è un sistema di monitoraggio strutturato del fenomeno. A questi dati si sommano le informazioni raccolte con la rilevazione 2020: nel Lazio è possibile individuare la frattura da fragilità ossea grazie ad un sistema di segnalazione come codice di dimissione ospedaliera o di pronto soccorso. Stessa procedura in Puglia, dove però sono previsti anche percorsi terapeutico-assistenziali per la prevenzione secondaria delle fratture da fragilità ossea, e procedure per facilitare la presa in carico del paziente a partire dalla diagnosi del medico di base.
I 280 specialisti interpellati riferiscono che le difficoltà maggiori derivano dal fatto che le procedure di presa in carico variano da regione a regione, e alle volte anche da Asl a Asl: solo il 28 per cento afferma che nella propria regione esistono percorsi di presa in carico dedicati a questo tipo paziente e soltanto il 17per cento sostiene che è presente un Pdta dedicato. Sull'aspetto della presa in carico del paziente, il 62,5 per cento dei medici lamenta la mancanza di percorsi condivisi, il 52,1 per cento, invece, la mancanza di prevenzione primaria, per il 48,2 per cento manca la continuità assistenziale.
«Bisogna rinnovare l’impegno nell’ambito delle fratture da fragilità ossea: le Linee Guida nazionali da poco pubblicate riprendono gli obiettivi del Pdta che abbiamo messo a punto nel 2019 insieme a società scientifiche ed altre associazioni civiche. Adesso il frutto di questo lavoro deve essere recepito e concretizzato dalle regioni in maniera veloce, efficiente ed uniforme. Va posta grande attenzione anche alla valutazione dei risultati: servono monitoraggi che confermino l’effettivo miglioramento della qualità di vita dei pazienti», dichiara Tiziana Nicoletti, responsabile del Coordinamento nazionale associazioni malati cronici e rari (CnAMC) di Cittadinanzattiva.