L'Ema “boccia” l’unica cura contro l’atrofia geografica. I pazienti: «Ci ripensi»
Sembrava dovesse essere solo una formalità, visto che l’agenzia regolatoria statunitense (FDA) aveva già dato il suo ok lo scorso anno. Invece poco prima dell’estate il Comitato per i medicinali per uso umano (CHMP) dell’Ema ha espresso parere negativo sulla domanda di autorizzazione all’immissione in commercio del farmaco intravitreale pegcetacoplan, primo e unico sviluppato contro l'atrofia geografica, una grave forma di maculopatia degenerativa.
La decisione ha deluso i 2,4 milioni di pazienti che convivono con una “cartina geografica”, con una malattia progressiva contro la quale non c'è alcuna altra terapia né per curarla né per rallentarla.
«È incomprensibile il motivo per cui l’Ema ha ritenuto di scartare la possibilità di autorizzare l'unica opzione terapeutica possibile per i pazienti con atrofia geografica, una patologia oculare degenerativa che porta alla perdita della vista in maniera irreversibile» commenta Michele Allamprese, direttore esecutivo dell'Associazione pazienti malattie oculari (Apmo).
L’atrofia geografica è una forma avanzata di degenerazione maculare senile ed è la prima causa di cecità irreversibile in età avanzata nei Paesi industrializzati. Si stima colpisca 5 milioni di persone nel mondo. L'insorgenza è multifattoriale, quindi con fattori di rischio ambientali e genetici.
«La speranza di medici e pazienti è che l’Ema riconsideri la sua decisione – auspica dunque Allasmprese - mettendo al centro i bisogni dei pazienti che potrebbero trarre beneficio dalla disponibilità di pegcetacoplan. Perché anche se il farmaco non guarisce dalla malattia, oggi incurabile, gli studi indicano che può rallentarne la progressione e migliorare la qualità della vita dei pazienti».